martedì 4 dicembre 2007

Avrà ragione Krugman?


Avrà ragione Paul Krugman, quando con ironia anglosassone sostiene che banchieri e altri soggetti dell’attuale mercato finanziario “appaiono veramente terrorizzati, perché si sono improvvisamente accorti che non capiscono il complesso sistema finanziario che hanno creato”? Una risposta indiretta al quesito viene dalla figura dello spacchettatore, una nuova professione che sta andando per la maggiore negli Stati Uniti, ma non solo, dove super esperti pagati a peso d’oro stanno lavorando da mesi per attribuire un valore ad una parte dei titoli della finanza strutturata talmente complessi che gli stessi impacchettatori iniziali hanno dovuto alzare le braccia e confessare che non sanno spiegare esattamente quello che hanno fatto.

Ormai soggette alle previsioni del FASB 157, le banche statunitensi sanno perfettamente che le svalutazioni che saranno chiamate ad effettuare nel quarto trimestre per i titoli direttamente nei loro portafogli dovranno essere basati sull’effettivo valore di mercato, mentre potranno rinviare nel tempo l’impatto sui conti della montagna di titoli della finanza strutturata che hanno non a caso collocato pressi SIV e Conduit, ma, in ogni caso, la prova della verità non potrà essere procrastinata oltre il 2008.

Se questi sono i termini delle questione, può risultare più chiara l’accoglienza negativa, dopo l’euforia di venerdì, che ha accolto i due discorsi di Henry Paulson, nei quali il ministro del Tesoro USA ha dovuto ammettere che esistono ancora molte resistenze da parte delle banche, restie ad accogliere il costoso suggerimento di Paulson volto a spingerle a congelare i tassi sui mutui anche oltre i termini del “periodo di grazia”.

Purtroppo per le banche e per la fortuna dei mutuatari in ansia, il progetto verrà comunque recepito in tempi relativamente brevi da una legge bipartisan che potrebbe essere anche più drastica del brillante ma ancora timido progetto della signora Biar, presidente dell’organismo federale competente in materia.

A complicare ulteriormente le cose, è giunto poi un rapporto di UBS, vera multinazionale svizzera del credito, che stima le perdite derivanti dall’attuale crisi finanziaria all’astronomica cifra di 605 miliardi di dollari e che porta al 2009 gli strascichi della stessa, una stima che supera di sei volte la prima stima effettuata a caldo dal Fondo Monetario Internazionale e che si pone anche al di sopra del rischio massimo stimato dal capo economista di Goldman Sachs, Jan Hatzius, e che porterebbe, seconda la formula dello stesso Hatzius, il credit crunch ad almeno 6 mila miliardi di dollari.

Non deve stupire se uno che certamente se ne intende, il miliardario Warren Buffett ideatore di un fondo del quale una sola azione costa più di due appartamenti nel centro di una grande città, ha deciso di acquistare, ovviamente ad un prezzo estremamente interessante, bond spazzatura emessi da una società industriale invece di investire nelle azioni altrettanto a buon mercato delle maggiori banche statunitensi o nei titoli della finanza strutturata emessi dalle stesse, sostenendo, con un po’ di perfidia, che almeno dei conti e delle prospettive di quella impresa industriale lui si fida.

Dopo le dichiarazioni naif di Nellie Kroes, il commissario UE all’economia, Almunia, si è precipitato a ridurre significativamente le previsioni per la crescita in Europa, mentre il ministro dell’economia italiano, Tommaso Padoa Schioppa, ha chiesto, con un ritardo di qualche mese, che venga creata una sorveglianza unica europea sulle banche che operano in più paesi dell’Unione, un elenco che comprende almeno una decina di istituti che sono poi i maggiori indiziati tra i quali si ricercano le due banche citate dalla Kroes.

D’altra parte, un tentativo di introdurre la sorveglianza sopranazionale per i soli paesi di recente ammissione, avanzata agli inizi della crisi, era rapidamente abortita e penso di esere facile profeta nel prevedere che questa ben più ambiziosa proposta di TPS verrà prontamente derubricata sotto gli strali di quella che è, al momento, la più potente lobby esistente nell’Unione europea.

Per quanto potente, la lobby dei banchieri e degli assicuratori europei impallidisce rispetto al potere interdittivo che hanno, in Italia, l’ABI e l’ANIA, non a caso prossime alle nozze, e le Fondazioni derivanti dalla legge Amato, basti pensare che, in piena zona Cesarini, l’ABI ha schiaffeggiato metaforicamente il Governatore della Banca d’Italia che si era permesso di redigere un regolamento che impedirebbe ai membri dei consigli di sorveglianza delle banche che hanno scelto il modello di governance duale di ricoprire incarichi di gestione, oltre che nella stessa bancha, anche nelle aziende da questa partecipate, definendo, inoltre, confusa la proposta avanzata dal professor Mario Draghi.

Quella che è stata definita la norma anti Geronzi, rappresenta un principio minimo che punta ad evitare, nelle banche nelle quali opera il duale e nelle aziende da esse partecipate, che chi ha il compito di vigilare, si pensi solo al fatto che i sindaci sono confluiti nel più vasto consiglio di sorveglianza, partecipino anche alle scelte operative, ma è evidente che quella che è in discussione non è l’innegabile logica che sottende al testo del Governatore, quanto questioni di potere che da noi contano molto di più del diritto, della logica e dello stesso elementare buon senso.

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