lunedì 31 dicembre 2007

Una breve cronologia dei primi mesi della crisi finanziaria


Prendendo spunto da un’ottima cronologia della crisi finanziaria realizzata qualche settimana fa dall’agenzia Reuters, che per la verità è denominata cronologia del credit crunch, è di non poco conto scoprire che i problemi nei quali siamo immersi risalgono addirittura al secondo mese dell’anno che sta per chiudersi, quando il colosso creditizio HSBC, una banca di Hong Kong la cui sede legale fu provvidenzialmente spostata in Gran Bretagna in vista della prossima riunificazione con la Cina, rese noto, l’8 febbraio, di dovere provvedere a massicci accantonamenti per coprire le perdite nel proprio portafoglio di subprime USA e, nello stesso giorno, la californiana New Century Financial Corp. svelò i propri problemi legati al medesimo segmento di attività, il che portò lo spread sulle micidiali CDO e sulla maggior parte dei titoli della finanza strutturata a 200 punti base in due soli giorni.

In questo clima non proprio esaltante si inserì il vero e proprio tonfo dell’indice più effervescente degli ultimi anni, quello della borsa di Shanghai, che giunse a perdere il 10 per cento del suo valore il 27 febbraio, in seguito ad un brusco irrigidimento delle condizioni creditizie imposte da un governo cinese spaventato dalla crescita troppo impetuosa del proprio mercato finanziario interno e della eccessiva accentuazione delle disparità esistenti tra le zone rurali e le province autonome, delle quali l’emblema, nel bene e nel male, è rappresentato proprio da quella di Shanghai.

Ma è tra giugno e luglio del 2007 che si apre un vero e proprio squarcio sulle condizioni in cui versa la finanza strutturata, anche perché i chiari segnali di febbraio hanno già indotto gli investitori ad attuare un enorme anche se graduale disimpegno da CDO, LBO, Commercial Papers ed azioni rappresentative delle banche e delle finanziarie più impegnate su questo versante, e realmente deflagrante è l’annuncio di Bear Stearns sulle difficoltà di due suoi fondi.

Il 10 luglio si apre invece il sipario sul ruolo giocato da Moody’s e Standard & Poor’s nel bubbone che sta esplodendo, ricordo, per comodità di chi legge, che le due principali società di rating hanno giocato per anni un doppio ruolo che le vede da un lato assegnare i rating e, dall’altro, assistere, mediante l’attività di consulenza, gli emittenti affinché i titoli ottengano la massima valutazione possibile, salvo, come accadde appunto quel giorno, tagliare gli stessi rating in relazione a titoli per 12 miliardi di dollari, costringendo così due colossi dei mutui immobiliari statunitensi quali Home Depot e D.R. Horton ad emettere profit warning e spingendo lo spread sui titoli della finanza strutturata a 270 punti base, ad un passo dalla soglia dei 3 punti percentuali.

Confermando l’opinione di quanti ritengono che il 17 sia un giorno infausto, fu proprio in un giorno recante quel numero del luglio di quest’anno che Bear Stearns dichiarò di fatto falliti due dei suoi hedge fund, mandando gli spread ancora più in alto e, mentre accadeva questo, l’allora numero uno di Bear trascorreva le sue giornate tra partite a pocker e impegnandosi a fondo sui campi di golf.

Il resto di quel mese che verrà ricordato come cruciale nella seconda tempesta perfetta (la prima risale ad esattamente 100 anni orsono) vede gli spread giungere prima a 380 poi a 500 punti base, la crisi della banca tedesca IKB fortemente impegnata nei subprime ed in altre varianti della finanza strutturata, altri massicci tagli dei rating operanti sempre da S&P ed un disperato SOS lanciato dalla American Home Mortgage Investment, costretta a vendere in fretta e furia i propri assett.

Ma è il 9 agosto, esattamente due giorni dopo il nulla di fatto del consiglio della Federal Reserve che sembra non vedere nubi all’orizzonte, che un oscuro dirigente italiano della BCE è chiamato a prendere la decisione della sua vita di fronte alla vera e propria paralisi del mercato interbancario europeo, ma anche di quello globale, e dalla sala operativa di Francoforte inonda il mercato con un finanziamento monstre di 94,8 miliardi di euro, una volta e mezzo l’ammontare del finanziamento effettuato dalla BCE all’indomani dell’attentato alle Torri Gemelle.

Poche ore prima, il colosso francese BNP Paribas aveva terrorizzato i mercati procedendo al congelamento temporaneo di tre fondi aventi assett per 2,2 miliardi di dollari, citando problemi di il liquidità totale di alcuni segmenti del mercato che impedivano una corretta valutazione, una mossa che costringerà una infuriata ministro delle finanze francesi ad interrompere le vacanze ed a tornare di corsa a Parigi, mentre nel pomeriggio la Fed e la Bank of Canada intervengono sui mercati e in Europa si studia il salvataggio della banca tedesca IKB.

Due giorni dopo ferragosto, la Fed taglia di mezzo punto il tasso di sconto, dando il via ad una serie ripetuta di tagli dei tassi sui Fed Funds per un punto percentuale complessivo, mentre con il taglio di dicembre porterà il TUS più in basso di un punto e mezzo totale ed apre uno sportello per rifornire le esauste banche accettando in cambio i titoli della finanza strutturata che il mercato ormai vede come il fumo negli occhi, ma anche in Europa ci si dà da fare e si annuncia il salvataggio della Sachsen LB, mediante un intervento interbancario per 17,5 miliardi di dollari.

Tra agosto e settembre, i guai si spostano in Gran Bretagna, prima con la richiesta di Barclays di un finanziamento straordinario alla Bank of England e poi con quella vera e propria follia che ha coinvolto il Cancelliere dello Scacchiere, il Governatore della BoE e il capo dello FSE che, respingendo le richieste di aiuto provenienti dalla Northern Rock, provocano la prima ondata di panico nel settore bancario dal 1866 e, dal 13 settembre in poi, i depositanti si mettono in fila davanti agli sportelli ed assaltano letteralmente il sito web, costringendo il governo inglese, con una decisione del tutto irrituale, a garantire, il 17 settembre (sempre per la felicità degli scaramantici) tutti i depositi dell’ottava banca inglese, ma, come si scoprirà solo in dicembre, dimenticandosi di predisporre le modalità di attuazione della garanzia nella malaugurata ipotesi che vi si dovesse realmente ricorrere.

Non vado oltre, perché tutti gli avvenimenti successivi a questa data sono stati abbondantemente illustrati nell’articolo del 3 settembre e nelle puntate del diario della crisi finanziaria pubblicati a partire dal 19 settembre e disponibili sia su questo blog che sul link al sito della UILCA presente nella home page.

La prossima puntata si occuperà invece degli scenari e delle previsioni per il 2008.

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