lunedì 4 febbraio 2008

UBS, You & Us


Una delle novità rappresentate dal vivere tra i marosi della tempesta perfetta è rappresentata dal fatto che le notizie si rincorrono intensamente per il globo anche in quello che tempo era il sacro week end, che per gli operatori globali basati in Europa è molto più corto che per i loro conterranei, in quanto inizia con la chiusura di Wall Street alle 22 ora italiana del venerdì e finisce nella notte tra la domenica e il lunedì con l’apertura dei mercati asiatici, che danno il la alle borse europee e “pretendono” di dire la loro anche su valute, petrolio, oro e altre materie prime.

Purtroppo, le notizie di questo weekend non sono proprio confortanti e attengono in buona parte al fronte giudiziario, in larga parte dominato dalle indagini che il Federal Bureau of Investigations sta conducendo, per conto dei magistrati di diverse procure statunitensi, contro 14 colossi del credito operanti nel mortgage e nella finanza strutturata sul suolo statunitense, con ipotesi di reato molto pesanti.

Nei giorni scorsi, erano già trapelate indiscrezioni riguardanti Goldman Sachs e Morgan Stanley, ma ora si viene a conoscenza che, su input del procuratore generale di New York, sono in corso indagini avanzate anche nei confronti del colosso svizzero UBS, reduce da un’anticipazione micidiale sui conti dell’ultimo trimestre, finiti con un rosso di tale entità da trascinare con sé i risultati di tutto l’esercizio 2007, ingoiando letteralmente il buon risultato registrato in un ottimo primo semestre.

Come sempre accade in questi casi, il portavoce della grande banca extracomunitaria hanno rifiutato qualsiasi commento rispetto alla certo non gradita notizia, in particolare per una banca che ha martellato il globo intero di spot dominati dallo slogan UBS, You & Us, che muove da un’idea dei creativi che la hanno realizzata che certo ha ben poco a che fare con le probabili implicazioni delle indagini in corso, così come diventa ogni giorno più evidente che, più che di best e worst practices, sarebbe molto più giusto ed aderente alle realtà parlare di pratiche prevalenti nel mercato finanziario globale, che, grazie all’invalso principio di dimostrazione, si diffondono tra i soggetti operanti molto più velocemente di quanto potrebbe fare un’epidemia.

Non è peraltro un caso se, sempre nelle due giornate festive, si è appreso che i giudici specializzati in reati finanziari incaricati di indagare sul caso Socgen hanno deciso di interrogare Christian Schricke, senior executive vice president di Société Générale ed altri manager di alto livello del Corporate and Investment Banking della banca francese, mentre un poco ascoltato portavoce gridava ai quattro venti che Socgen era soltanto parte lesa delle infernali macchinazioni del giovane Jerome Kerviel.

Gli operatori di tutto il mondo attendono ansiosamente il rapporto sul caso Socgen che la ministra delle finanze francese, Christine Lagarde (omen nomen), si è impegnata a fornire al primo ministro forse già nella giornata di lunedì, una ricostruzione che certamente peserà molto sulla battaglia che, secondo il solitamente ben informato ed autorevole Financial Times, sarebbe in corso tra BNP Paribas e il Credit Agricole per la conquista, solitaria o in tandem si vedrà, delle spoglie della loro più diretta concorrente.

E’ altresì evidente che, anche se formalmente il rapporto della Lagarde verrà consegnato a Fillon, il vero destinatario della missiva e l’autentico decision maker dell’intera vicenda è e resta il decisionista presidente della repubblica francese, Nicolas Sarkozy, che, pur fresco delle più attese e prevedibili nozze della storia, non si risparmierà certamente nel cavare il classico ragno del buco di questa intricata e poco onorevole vicenda.

Ai lettori più attenti, confermo quanto ho scritto sulla possibilità e verosimiglianza tecnica della possibilità che ad operare sia stato in relativa solitudine il giovane trader, che non sarebbe il primo né l’ultimo a pensare di essere il più furbo di tutti, superiori compresi, ma non esprimo altrettanta certezza sulla veridicità della ricostruzione fornita dalla sua banca, in relazione, soprattutto, al timing della scoperta, anche perché, se è vero che la stessa sarebbe stata determinata da un cambio delle procedure avvenuto tra il 1° e il 2 di gennaio, diventa molto più realistica l’ipotesi che la scoperta dell’oprato di Kerviel sia avvenuta molti giorni prima del 18 gennaio e si comprenderebbe meglio la denuncia degli azionisti in merito alla massiccia vendita operata da un consigliere di amministrazione il 9 di gennaio, nove giorni prima, cioè, della scoperta ufficiale.

Non mi esprimo, invece, sulle ben più gravi responsabilità dei superiori del giovane trader che emergerebbero dalle dichiarazioni spontaneamente e collaborativamente rese da Kreviel agli inquirenti, anche perché si tratta pur sempre delle dichiarazioni di un indagato ancora non corroborate dai dovuti ed opportuni riscontri.

La settimana che si apre fornirà molte notizie sul disastrato settore edilizio statunitense, notizie peraltro che si innestano su uno scenario che vede i primi segnali di recessione provenire dal fronte dell’occupazione che, negli ultimi due giorni lavorativi della scorsa settimana, hanno ricevuto un uno-due micidiale dal balzo in avanti dei nuovi sussidi di disoccupazione e dalla prima flessione dal 2003 di quello che è universalmente considerato il dato dei dati in terra statunitense, il Non-Farm Payrolls.

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