mercoledì 23 aprile 2008

I dolori del povero consumatore americano


Dopo aver volteggiato tanto a lungo tra gli empirei della finanza, curiosando a fondo nei bastimenti delle Investment Banks e nei vascelli corsari delle divisioni Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali, cercando di districarsi tra le navi di varia dimensione tristemente affondate dagli alti marosi della tempesta perfetta o tenute altrettanto tristemente a galla dai salvagenti lanciati dalle indefesse banche centrali, credo proprio che sia il caso di volgere lo sguardo alla situazione non proprio felice in cui versa il cittadino medio statunitense, vera e propria macchina da consumi che sembra, ogni giorno che passa, in piena ed alquanto coatta crisi di astinenza da acquisti.

Provate voi, nel breve volgere di poco meno di nove mesi, a passare da un mondo dorato, nel quale la casa indipendente comprata allegramente, spesso a seguito delle sollecitazioni pressanti di un procacciatore di mutui abile a spiegarti che ti finanzierà il 100 per cento e più del prezzo di acquisto, che pagherai un mutuo che per i primi anni ti peserà meno dell’affitto che pagavi prima di compiere il grande passo, che alla rata successivamente crescente farà fronte il valore accresciuto dell’immobile che hai acquistato, cosa che peraltro continua ad accadere da lunghissimo tempo e così via.

Incurante delle preoccupazione della moglie/marito ansioso che vorrebbe che, come già fecero i suoi genitori, il finanziamento venisse regolato in regime di tasso fisso, con rata possibilmente costante per trenta anni o più, in modo da regolare il flusso di tesoreria dell’azienda famiglia, poco interessata/o al maggior onere del servizio del debito rispetto a quello offerto dal seducente procacciatore, pronto a spiegarti quante cose in più al mese potrai fare grazie ai risparmi mensili legati alla sua offerta.

Ebbene, quel procacciatore molto probabilmente oggi è a spasso, la finanziaria per la quale lavorava si è sottoposta alle tutele offerte dall’ancora comoda legge fallimentare statunitense, la banca che aveva acquistato il mutuo dalla finanziaria dietro garanzia di riacquisto se il delinquency rate avesse superato una certa, molto bassa, soglia, non sa più a che santo votarsi, mentre, nel frattempo, il valore della casa scende ininterrottamente da sedici o più mesi, solo ieri del 7,7 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre aumenta inesorabilmente lo stock di case esistenti invendute e, specularmene, aumenta il numero di mesi (attualmente intorno ai dieci) necessari per smaltire integralmente lo stock.

Ormai, il valore della casa è inferiore a quello che dovresti restituire alla banca in caso di alienazione dell’immobile, di rifinanziamento neanche a parlarne e, se il governo e il Congresso non si danno una mossa, stati per giungere alla fatidica data del brusco innalzamento della rata, spesso al di sopra del tuo pur rispettabile stipendio mensile, sempre che, a causa dei vorticosi processi di downsizing, tu o tua moglie, o entrambi non abbiate perso il lavoro o i titoli nei quali avevate investito quasi fossero una polizza di assicurazione non siano evaporati in poche sedute come neve al sole.

Nel frattempo, la benzina che alimenta la tua autovettura dai consumi spaventosi ha raggiunto la soglia psicologica dei 3,5 dollari al gallone, sospinta dal petrolio che si sospinge anche al di sopra dei 117 dollari al barile, mentre, se hai fatto l’errore di comprare un diesel, più o meno turbo, il prezzo alla pompa, sempre espresso in galloni, è balzato anche al di sopra dei 4 dollari, che varrano pure sempre meno euro o yen, ma sempre dollari sono e il tuo stipendio, se ancora lo hai, sempre in dollari è espresso

Hai un bel tagliare le tue carte di credito, spesso appena prima che te le tagli il solerte commesso del drugstore o del mall nel quale hai avuto l’ardire di fare uno zip zip di troppo, di sostituire l’auto con una spartana bicicletta, mezzo di locomozione che al massimo era chic ai tempi della prima o della seconda crisi petrolifera degli orridi anni Settanta, di rinunciare al ristorante, ad ogni tipo di acquisto voluttuario, mentre ti stai già adattando all’idea che le prossime vacanze le passerai nel soggiorno viaggiando tra le foto seducenti del depliant di un’agenzia di viaggi, forse anche essa destinata a chiudere in fretta e furia i battenti.

Né basta riscoprire la comodità di quei jeans che da tanto tempo avevi buttato in un cesto per sostituirli con abiti griffati pagati con la carta revolving, così come a rate avevi acquistato l’auto, il SUV o il truck fiammante, così come comode rate risolvevano il problema della scuola privata, delle vacanze e dei week end romantici, tutte azioni che, forse proprio non lo sapevi, venivano, al pari del mutuo, del finanziamento per avviare l’attività in proprio o i mille altri gesti della vita quotidiana, impacchettati insieme ad altre posizioni debitorie della stessa o di altra specie in titoli prosaicamente definiti salsiccia finiti chissà dove nel mondo, spesso servendo da base per altri titoli molto più sofisticati alla cui realizzazione avevano lavorato figure specialistiche, volgarmente definite gli apprendisti stregoni operanti nei meandri delle banche di investimento o nelle più o meno sofisticate fabbriche prodotto delle banche più o meno globali.

E’ dai primi di settembre del 2007 che mi sgolo a dire che il problema non è dato dalla relativamente recente invenzione dei mutui subprime o dei micidiali e preesistenti ARM A, non fosse altro che per il semplice motivo che un ammontare che allora non superava i 650 miliardi di dollari non è che una goccia che, pur essendo perfettamente in grado di far traboccare il classico vaso, non sarebbe certamente in grado di farlo se lo stesso vaso non fosse già colmo per multipli dei mutui, peraltro in larga parte del tutto in bonis, accesi dagli imprevidenti cittadini statunitensi che non sembravano preoccuparsi, né sembravano esserlo le entità creditizie concedenti, di godere di un rating creditizio modesto ove non nullo.

Non posso non immaginare la faccia sconsolata del potente Chief Executive Officer di Bank of America, la seconda banca commerciale statunitense, un uomo che era proprio sicuro di essere in grado di fare il surf sulle alte onde della tempesta perfetta, al punto di esibirsi nel magnanimo gesto di soccorrere e traghettare verso la salvezza la tecnicamente fallita Countrywide del pessimo Angelo Mozilo, un’entità che nel volgere di pochi decenni era diventata l’incontrastata regina del mortgage all’amatriciana, un uomo cui la vita ha veramente dato tutto e che non riesce a capacitarsi che una somma di atti individuali, amplificati all’infinito dalla catena di sant’Antonio della finanza strutturata potesse portare la sua e le altre banche ovunque basate di fronte allo spettro più temuto da un banchiere, una crisi pressoché assoluta di liquidità.

Che oggi i mercati azionari di tutto il mondo siano più o meno tutti in rosso, è di per sé di scarso significato, in quanto il vero allarme rosso continua a provenire dai mercati interbancari di tutto il mondo, quei mercati dove la sfiducia reciproca continua a regnare incontrastata, anche perché, come dicevo per i poveri mutuatari subprime, anche le ampie discariche delle banche centrali non contengono neanche un quarantesimo dello stock di titoli della finanza strutturata.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente sul sito Free Lance International Press www.flipnews.org