mercoledì 2 aprile 2008

La cicala Bernspan e la formica Trichet

Se fosse ancora necessaria una dimostrazione del potenziale schizofrenico dei mercati, la giornata di ieri ne sarebbe la migliore dimostrazione pratica, in quanto una seduta iniziata in Europa sotto i peggiori auspici con l’annuncio dei 19 miliardi di dollari di svalutazioni di assetts nel Corporate & Investment Banking del colosso svizzero UBS che dovrebbero portare ad una perdita di 12,1 miliardi nel primo trimestre, passando poi per le previste nuove svalutazioni per 4 miliardi di dollari di Deutsche Bank, per non parlare dei dati economici USA diffusi nel pomeriggio, ebbene, la stessa giornata si è chiusa con forti rialzi dei listini azionari in Europa, con veri e propri fuochi di artificio a Wall Street e forti rialzi stamane anche in Asia.

Quello che sarebbe dovuto accadere ieri con l’annuncio ufficiale da parte del ministro del Tesoro USA del suo piano di riforma, alquanto radicale, del sistema regolatorio e di vigilanza sul magmatico mercato finanziario statunitense, un progetto di ben 218 pagine che ha l’ambizione di operare la più radicale riforma delle attribuzioni della Fed, della Sec e delle altre entità chiamate a vigilare il mercato dopo quella realizzata negli anni Trenta dopo il crollo del 1929 e mentre era in pieno corso la Grande Depressione.

Purtroppo per Paulson e per Bush, l’accoglienza dei mercati al loro annuncio in pompa magna era stato alquanto tiepida (con un rialzo del Dow Jones pari ad un decimo di quello registrato ieri), anche perché, come lo stesso ministro aveva candidamente ammesso davanti ad una selva di microfoni e telecamere, saranno necessari alcuni anni perché la riforma possa vedere realmente la luce, né vi è alcuna garanzia che il suo assetto finale, dopo il severo e si spera fattivo vaglio del Congresso, sarà conforme alle linee guida delineate con tanta fatica da Paulson e dai suoi più stretti collaboratori

Va detto, tuttavia, che il comunicato ufficiale mattutino di UBS, oltre a riportare le ferali notizie su maxi perdite e maxi svalutazioni, annunciava anche la deliberazione di un altrettanto maxi aumento di capitale per 15,1 miliardi di dollari (che ci si è premurati di informare essere totalmente garantiro da un pool di primarie banche internazionali), aumento che non è il primo e certamente non sarà l’ultimo, ma, soprattutto, le tanto auspicate dimissioni di quel presidente Marcel Ospel, di recente sottratto a stento all’ira degli azionisti della maggiore banca del paese extracomunitario ma dalle ambizioni dichiaratamente planetarie, così come è stata bene accolta la notizia dell’aumento di capitale da 4 miliardi di dollari deliberato da Lehman Brothers, la maggiore indiziata tra le ex Big Five americane come la destinata a fare la fine dell’orso di Stearns.

Ma quello che ha mandato letteralmente in un brodo di giuggiole le donne e gli uomini operanti all’ombra del wall è stata la candida ammissione di Henry Paulson sulla concreta possibilità che il costo del salvataggio di Bear Stearns potrebbe ricadere sulle già provate spalle dei contribuenti americani, quanto meno per le prevedibili minori entrate governative legate al costo della mega linea di credito garantita, a prezzi di assoluto saldo, alla salvatrice J.P. Morgan-Chase, ammissione che conferma le tante previsioni che erano state avanzate da autorevoli organi di stampa britannici e statunitensi sulla scelta che governi e banche centrali avrebbero fatto nelle settimane scorse e che consiste, appunto, in una pubblicizzazione delle perdite volta ad evitare una vera e propria catena di fallimenti di Investment Banks e di Commercial Banks, dopo la falcidia (80 per cento circa) dei soggetti intermedi operanti nel settore del mortgage intervenuta a partire dall’estate del 2007.
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Sarebbe difficile, altrimenti, come gli operatori si siano gettati come lupi famelici sulle sino a poche ore prima accuratamente evitate azioni di Lehman, di Citigroup, di quelle delle stesse disastrate compagnie di assicurazione monoline MBIA o Ambac, scacciando come mosche fastidiose le notizie provenienti dal settore dell’auto o delle costruzioni, così come la prevedibile conferma proveniente dall’ISM relativo al mese di marzo che, a parte un frazionale miglioramento, testimonia, in totale sintonia con i primi due indicatori citati, che ci si trova ancora in territorio ampiamente recessivo.

Cosa volete importi alle locuste ed alle cicale operanti sulle piazze finanziarie internazionali che si siano vendute meno auto e trucks per oltre un milione di pezzi, almeno a livello annualizzato, che le vendite siano state, su base annua, dal -10 per cento della brillantissima Toyota al -20 per cento della sempre più sconsolata General Motors, o del fatto che le spese per costruzioni siano calate in marzo per il ventiquattresimo mese consecutivo, tanto quello che conta è che, dopo giaculatorie e petizioni di principio del tipo chi sbaglia paga, è finalmente giunto l’annuncio ufficiale a confermare che, alla fine, saranno i cittadini statunitensi e quelli di tutto il pianeta a farsi carico degli errori e degli orrori prodotti dalle fabbriche prodotto delle Investment Banks e delle CIB delle banche globali, per non parlare di quanto è avvenuto nel settore assicurativo, anche non del tipo monoline.

Paulson, in fondo, non ha fatto che dire al mercato quello che il mercato voleva sentirsi dire, così come Bernspan e complici non si fanno scrupoli nel dare allo stesso mercato esattamente quello che il mercato si aspetta da loro, sia in termini di liquidità che di tassi, per non parlare poi della vera e propria conversione sulla via di Damasco delle severissime donne e degli arcigni uomini della banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale che, dopo aver letteralmente stretto il cappio al collo dei malcapitati paesi in via di sviluppo al primo disordine fiscale o finanziario, urlano oggi a pieni polmoni che tutto quello che fanno Paulson e Bernspan è ben fatto e che, anzi, potrebbero fare di più.

Stupisce, invece, la tetragona vocazione al martirio di Jean Claude Trichet, quasi una novella Giovanna d’Arco, che continua a ripetere che non muoverà i tassi e si dice stia preparando barricate a difesa della sala del Board dell’istituto basato a Franfurt um Mein e che sia pronto, alla guida del suo manipolo di neotemplari, a sfidare le ira di Sarkozy e degli altri governanti europei che reclamano che, pur stimando le preoccupazioni della BCE e riaffermandone l’autonomia, è ora che si decida a sporcarsi almeno un po’ le mani dando anche lei all’esausto mercato quello che il mercato e loro con lui reclamano.

Quando verrà finalmente scritta la storia di questa tempesta perfetta, leggeremo, con ogni probabilità, un interessante capitolo a proposito dello scontro tra la reincarnazione del Re francese che mise al rogo il capo dei templari, reincarnazione, ovviamente del povero Trichet, scontro che mi auguro non preveda il triste epilogo che vide l’abate De Moley arso sul rogo posto di fronte al palco reale, popolato, oltre che dalla poco nobile famiglia, da uno stuolo di cortigiani starnazzanti.

Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL del 19 c.m. è disponibile nella sezione video (alla voce videoinformazione) del sito Free Lance International Press www.flipnews.org