giovedì 22 maggio 2008

Chi assicurerà gli assicuratori (3)


American International Group (AIG), il colosso statunitense delle assicurazioni, ha reso noto di aver raccolto 20 miliardi di dollari sotto forma di aumento di capitale, una cifra largamente superiore a quella annunciata una decina di giorni fa contestualmente ai disastrosi dati relativi al primo trimestre del 2008, quando un comunicato ufficiale della società rese noto che sarebbe stato messo in piedi un aumento di capitale da 7,5 miliardi di dollari, mentre ulteriori 5 miliardi sarebbe stati successivamente chiesti al mercato in forme che ancora non erano state stabilite.

Ovviamente, la notizia della quasi triplicazione dell’aumento di capitale precedentemente noto ha spinto le quotazioni dell’azione ai livelli minimi toccati esattamente dieci anni orsono, ai tempi del salvataggio del hedge fund LTCM (uno dei capolavori di Alan Greenspan che costrinse un pool di banche statunitensi a salvare la creatura dei premi Nobel Merton e Scholls) e della crisi russa, in quanto anche le pietra di cui è lastricata Wall Street hanno capito che le cose per AIG si stanno mettendo veramente male, mentre gli azionisti stanno facendo i conti sul notevole dividend washing derivante dal incremento del numero delle azioni, anche se ritengo francamente che vi sarà poco da dividersi per quest’anno e, forse, anche per quello prossimo.

Non mi ritengo un profondo conoscitore della psicologia dell’investitore medio americano, ma, da quel poco che so, desumo che quello che li manda veramente in bestia non sono tanto le cattive notizie, che poi una stampa docile si affretta sempre a definire migliori dei disastri previsti ma raramente comunicati, quanto le verità dolorose fornite a rate, soprattutto se il lasso temporale tra una comunicazione e l’altra si misura addirittura in giorni.

Poiché come sovente accade le brutte notizie non vengono mai sole, non ha destato in me stupore lo scoprire che, a sole 24 ore dall’annuncio che ha mandato a picco l’azione di AIG, si è appreso che il precedente numero uno della compagnia assicurativa è stato convocato dalla Securities and Exchange Commission, quella presieduta dall’ormai celebre Effe O Ixs (Fox), per una torbida questione che riguarda anche una delle compagnie facenti capo al gruppo Berkshire di Warren Buffett, una vicenda che rischia di macchiare la reputazione sin qui alquanto adamantina del Leone di Omaha, uno dei due contemporanei, insieme a George Soros, che ho eletto a mie stelle polari nel corso di questa tempesta perfetta.

L’estensione del contagio dalle ormai quasi liquefatte monoliner alle maggiori compagnie di assicurazione statunitensi non depone certo bene sul decorso prossimo venturo della crisi finanziaria, anche perché rende evidente quello che i più smaliziati tra gli osservatori avevano già compreso da un pezzo e, cioè, che le attività finanziarie delle compagnie hanno ormai raggiunto dimensioni che non hanno nulla di invidiare a quelle delle divisioni Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali o a quelle che caratterizzano quelle CIB delle CIB che sono le banche di investimento statunitensi, il che mette a rischio la stessa solvibilità di attori del mercato finanziario della cui solidità era sino a poco tempo fa quasi un orribile sacrilegio osare dubitare.

Non tutte le compagnie di assicurazione, infatti, hanno la fortuna della tedesca Allianz, che ha ficcato gran parte dei titoli problematici della finanza strutturata nella controllata Dresdner Bank che, non certo a caso, sta cercando in ogni modo di sbolognare a qualcuno, cosa che al momento non le è riuscita, contenendo almeno in parte i rischi diretti afferenti al suo stesso bilancio, ma non le conseguenze fortemente negative derivanti dall’elevato livello di perdite della sua sempre più disastrata controllata.

Ben più grave, anche se ancora sottotraccia, potrebbe presentarsi la situazione di quelle compagnie che, non disponendo di bracci armati bancari, hanno sviluppato in casa fabbriche prodotto, sale operative e, soprattutto, strutture specializzate inzeppate di titoli della finanza strutturata di dimensioni tali da far venire il mal di testa, per non parlare poi di quei prodotti assicurativi che sono del tutto indistinguibili, per struttura e caratteristiche tecniche, dai titoli della finanza strutturata medesimi.

Non credo sia un caso che nei giorni scorsi le mie due stelle polari e l’ormai mitico Trichet si siano esposte formulando dichiarazioni volte a smentire la tesi del tipo “il peggio è ormai alle spalle”, autorevolmente formulata da personaggi del calibro di Henry Paulson (un nome che, assieme a CIB ed Investment Bank, risulta avere la maggiore frequenza nel Diario della crisi finanziaria) tesi, peraltro, ribadita da molti banchieri che hanno preferito mantenere l’anonimato, così come credo che non sia irrilevante il fatto che i tre critici di questa tesi hanno un’età che permette loro di ricordare analoghe dichiarazioni ottimistiche formulate nel pieno di una crisi venire fragorosamente smentite dagli eventi successivi.

Mi permetto di suggerire ad Effe O Ixs di accendere un faro su quanto sta accadendo nel poco controllato settore dei derivati, in particolar modo su quelli aventi ad oggetto le materie prime energetiche e le derrate alimentari, un faro che risulta particolarmente urgente in occasione dell’ennesimo record del prezzo del petrolio che ha raggiunto oggi a New York i 132 dollari al barile, livello che è valido al momento in cui scrivo, ma che potrebbe venire infranto prima della chiusura delle contrattazioni in terra americana.

Mi vedo costretto ad una doverosa errata corrige rispetto a quanto scritto nella puntata in cui rivolgevo un amichevole e sommesso suggerimento alla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, in quanto, ad aumento di capitale terminato e risoltosi in un quasi completo successo, il peso dell’investimento complessivo nell’omonima banca non è, come scrivevo, pari all' 82,01 per cento del patrimonio netto della Fondazione, bensì, in base a quanto riportato oggi da vari organi di informazione, all’88,88 per cento, in quanto l’esborso totale è stato pari a 2,87 miliardi di euro in larghissima parte ottenuti mediante finanziamenti semplici e complessi che andranno prima o poi restituiti mediante opportune alienazioni di quella parte del patrimonio avente caratteristiche di facile alienabilità, innescando un processo al termine del quale le fortune della Fondazione saranno quasi integralmente dipendenti da quelle del gruppo bancario omonimo.

Come avevo annunciato nei giorni scorsi, avrà luogo domani, organizzato dal Fenacom (la federazione che organizza i pensionati della Confcommercio), il primo incontro nel quale sono chiamato a fornire le istruzioni per l’uso ai risparmiatori ed ai piccoli investitori per proteggere i propri risparmi in una fase difficile quale è quella attuale. L’incontro inizierà alle 16 e 30 in Piazza Mastai, 16 a Roma.
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Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/

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