mercoledì 28 maggio 2008

L'onda alta sta arrivando in Europa?

Come mi insegnava un analista americano operante in Italia, uno dei rischi maggiori per chi opera sui mercati di qualsivoglia genere è quello di restare ipnotizzati dal trend in corso, in particolare se la tendenza rialzista o ribassista perdura da un certo tempo in modo quasi costante, con la conseguenza che si formerà un opinione collettiva che vede possibili solo ulteriori discese o perenni risalite.

Ovviamente, si riferiva ad andamenti basati su crisi più o meno congiunturali e non allo scoppio a ripetizione di bolle speculative in un contesto di squilibri strutturali a loro volta connessi alla cronicità di avanzi e disavanzi netti nelle partite correnti dei maggiori paesi industrializzati, ad un uso venticinquennale dell’effetto leva a livelli da panico o delle altre piacevolezze che caratterizzano quella che ormai è divenuto di uso comune definire la tempesta perfetta e che da dieci mesi circa imperversa sul mercato finanziario globale.

Ho sostenuto più volte che è del tutto inutile cercare di orientarsi in questa crisi prendendo a riferimento gli indici di borsa, almeno quelli generali, anche perché, tra buyback sempre più massicci e sempre meno noti, la posizione in surplace della maggior parte dei piccoli azionisti e tanti altri fenomeni che non credo sia questa la sede per illustrare, basta prendere a riferimento il Dow Jones Industrials 30 per osservare che, pur attraverso oscillazioni a volte anche vistose, non siamo lontani dai livelli di inizio agosto 2007, mentre il record storico è stato toccato addirittura nell’ottobre dello stesso anno, a crisi finanziaria in corso da oltre due mesi e ad un mese dall’assalto agli sportelli di Northern Rock.

Così come sconsiglio, in particolare a quanti soffrono di mal di mare, di dare uno sguardo agli indici di volatilità sugli indici e sulle singole azioni, in particolare di quelle di aziende facenti parte del rutilante ed a volte magico mondo della finanza in senso lato, frutto di un rincorrersi parossistico di onde che fanno la felicità degli scalpers, individui che non a caso sostengono, spesso avendo ragione, che è possibile guadagnare qualunque sia l’andamento delle borse, soprattutto se nella stessa seduta, se non in poche ore, ad un movimento in una direzione ne seguirà un altro nella direzione opposta (e zac il gioco è fatto!).

Ricordo solo per inciso che, fresco dei suoi studi a Cambridge e degli insegnamenti dei genitori (entrambi docenti universitari), John Maynard Keynes prese dei bagni colossali speculando su azioni e valute in base a studi molto scientifici sull’esatto valore delle une o delle altre, sino al punto di mettere a repentaglio la stessa solidità economica delle famiglia e toccare, come ricorda il suo biografo ed amico Roy Harrod, quello che definiremmo il fondo; posizione scomoda che, però, gli consentì di capire che alla base dell’agire umano vi sono fondamentalmente due sentimenti: avidità e paura, conditi da dosi abbondanti di ignoranza, con l’ovvio corollario che non è importante capire quanto vale una cosa, bensì quanto la stessa verrà valutata dalla maggior parte delle persone (comprensione che consentì al futuro Lord di diventare ricchissimo e mecenate del famoso Circolo di Bloomsbury che includeva, tra gli altri, Virginia Woolf).

Se qualcuno pensa che la sto tirando per le lunghe, ha in parte ragione, anche perché dopo la pausa salutare di ieri legata al Columbus Day, anche oggi non è accaduto molto di rilevante, tranne una certa flessione del prezzo del greggio dopo una serie quasi infinita di record quotidiani e un rimbalzo del 3,3 per cento della vendita di nuove case negli Stati Uniti che le porta ad un livello annualizzato ancora dimezzato rispetto ai recenti tempi di vacche grasse.

Non annoierò, inoltre, i miei pochi ma fedeli lettori sul rincorrersi di report di analisti di case di investimento e di banche più o meno globali, se non per dire che molti di questi studi, come quello di Morgan Stanley, oltre a prevedere ormai in modo quasi unanime che la crisi si protrarrà anche per tutto il 2009, sostengono che sta per venire l’ora della verità per le banche europee, anche perché le stesse sono state sinora molto ritrose nel gioco della verità, ma proprio tutta la verità, che impazza da qualche settimana a Wall Street.

Cercando di portarmi avanti con il lavoro, focalizzerò anche io la mia attenzione sul panorama europeo, cogliendo così anche l’occasione per esprimere tutta la mia ammirazione per le due maggiori banche spagnole che sembrano non essere neanche state lambite da uno schizzo d’acqua proveniente dagli altissimi marosi della tempesta perfetta in corso, anche se consiglio loro, in particolare ai massimi esponenti del BBVA, di evitare di salire in cattedra con lezioncine sull’etica degli affari, anche perché non si sa mai come sarà la loro situazione alla fine dei giochi.

Ben diversa la situazione delle banche francesi, britanniche e della svizzera UBS, in quanto, come è a tutti noto, qui una parte del problema, seppur a fatica, sta emergendo, così come è finalmente emerso che, stando ai risultati delle indagini interne, il capo diretto del trader infedele di Socgen si era un po’ distratto, al punto da credere di avere trovato nel giovane e brillante operatore la gallina dalle uova d’oro (cosa per altro vera, non fosse stato per quei fastidiosi ma indispensabili limiti che il nostro ha superato di centinaia di volte!).

Non so se è vero che l’ondata si sta dirigendo sulla vecchia e la nuova Europa, lasciando peraltro un po’ in pace gli esausti banchieri statunitensi, ma devo dire che il persistere dell’Euribor a livelli molto elevati di spread rispetto ai tassi di riferimento ufficiali non promette nulla di buono dal punto di vista meteorologico per le entità bancarie europee più attive nel mercato finanziario continentale, in particolare di quelle che su questo mercato fanno la parte del leone.

Per quanto riguarda le banche italiane, rinvio alla puntata di ieri, pur ricordando che il prezzo pagato dai primi due gruppi creditizi nel primo trimestre di questo orribile 2008 appare già alquanto pesante, così come la radicale revisione dell’outlook di Unicredit Group, credo il primo da quando Alessandro Profumo portava, ovviamente in senso metaforico, i calzoni corti ed era universalmente considerato il golden boy della finanza italiana, così come è interessante che l’altro ex gloden boy, Corrado Passera, abbia ostinatamente e dichiaratamente voluto mantenere pressoché invariate le previsioni reddituali per l’anno in corso: tanto di cappello!

Il terzo polo creditizio in fieri (Monte dei Paschi di Siena più Antonveneta, più domani chissà) sarà molto impegnato per almeno tutto l’anno a ristrutturare il nuovo acquisto e a lavorare sodo per rispettare gli ambiziosi obiettivi dell’appena varato piano triennale per pensare troppo alle prospettive reddituali immediate.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/