sabato 17 maggio 2008

New York suona la campana a morto per le monoliner, mentre Lewis avverte che è finita per le Investment Banks la fase dello stand alone


La decisione delle entità pubbliche emittenti bond nell’ambito dello Stato di New York di seguire l’esempio fornito nelle settimane scorse dalle autorità della California di non richiedere più la garanzia delle compagnie di assicurazione monoline per l’emissione di nuovi municipal bonds ha ottenuto l’importante ratifica dell’autorità statale competente sulle compagnie di assicurazione, con l’importante variante rispetto a quanto è accaduto nell’Ovest degli Stati Uniti di ottenere anche l’autorizzazione a richiedere lo scioglimento del contratto relativo alla garanzie per i muni bonds esistenti ove non esista nel contratto un’esplicita clausola che escluda tale eventualità.

Ho usato volutamente la formula in burocratese riportata nel periodo precedente, in quanto credo proprio che la decisione dell’autorità statale newyorkese suoni più o meno come la campana a morto sulle alquanto disastrate monoliners, rischiando di favorire nei fatti uno split esattamente contrario a quello proposto dai raiders che chiedevano a MBIA o ad Ambac di amputare la parte contenente le garanzie in favore dei titoli della finanza strutturata, al fine di salvare il corpo principale delle due compagnie, in capo alle quali sarebbe rimasto proprio il mare di lucrose e relativamente sicure garanzie prestate in favore delle obbligazioni emesse da tutte le entità pubbliche statunitensi di ogni ordine e grado.

Si tratta soltanto, come è ovvio, dei primi passi di un percorso di cui è molto difficile allo stato prevedere i prossimi sviluppi, ma quello che è certo è che ieri le azioni delle decine di compagnie avario titolo coinvolte nell’attività di prestare garanzie all’emissione di titoli della più varia natura e specie hanno vissuto una giornata di passione sui mercati azionari, in particolar modo quelle delle due maggiori compagnie del settore, MBIA ed Ambac, che a questo punto sanno perfettamente che il taglio generalizzato dei rispettivi ratings non è più questione di se, ma solo questione di quando avverrà, anche perché è molto difficile che Moody’s e Standard & Poor’s possano ancora a lungo continuare ad esimersi dal seguire l’esempio fornito da tempo dalla molto più coraggiosa, ma anche più specializzata nello specifico ramo, Fitch’s.

Nel frattempo, altri miliardari si appresterebbero a seguire l’esempio del Leone di Omaha, Warren Buffett, che ha da tempo mosso gli opportuni passi per essere pronto a raccogliere l’eredità delle monoliners, senza avere sulle spalle il gravame del gravissimo errore commesso dalle stesse in un periodo relativamente recente e relativo al fatto che i loro vertici decisero a suo tempo di cedere alle allettanti e seducenti sirene delle banche di investimento e delle divisioni Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali e di iniziare a garantire i titoli della finanza strutturata che andavano per la maggiore e che ora sono fuggiti come la peste dagli investitori di ogni ordine e rango.

Non c’è che dire, credo proprio che i rintocchi della campana dai toni lugubri proveniente dal palazzo che ospita l’autorità competente per il settore assicurativo del non secondario Stato di New York siano stati uditi chiari e forti nelle sale dei consigli di amministrazione dei fondi pensione e dei fondi di investimento aventi sede al di qua ed al di là dell’Oceano Atlantico, in quanto molte di queste entità avevano basato le loro decisioni di investimento sulla tripla A dei titoli acquistati e sull’esistenza delle garanzie emesse dalla compagnie di assicurazione specializzate in questa particolare e delicata attività e che vedono, quasi al contempo, evaporare il rating dei titoli e quello delle compagnie che li garantivano, una circostanza che dovrebbe indurli, almeno in base ai loro stessi regolamenti, a liquidare alla velocità della luce i titoli in questione in un momento non proprio favorevole.

Diviene così più chiara la lugubre profezie dei solitamente prudenti economisti posti temporaneamente alle dipendenze del francese Dominique Strauss Kahn, numero uno pro tempore del Fondo Monetario Internazionale, i quali prevedevano alla vigilia dei lavori del G7 finanziario svoltosi a metà aprile che i fondi pensione ed i fondi di investimento sarebbero stati, alla fine della fiera, i soggetti maggiormente penalizzati dalla tempesta perfetta, giungendo anche a quantificare nella bella cifra di 665 miliardi di dollari il conto finale che gli sventurati, o meglio quei poveri disgraziati che hanno affidato a queste entità i loro risparmi o hanno riposto in essi le loro speranze pensionistiche, saranno alla fine chiamati a pagare.

Tra le tante lezioni che avremo da apprendere quando la tempesta perfetta sarà prima o poi terminata, anche perché tutto passa, e da cronaca sarà diventata Storia, credo proprio che la tragedia degli organismi collettivi che a vario titolo sono chiamati a gestire i soldi e le prospettive altrui rappresenterà uno dei capitoli più interessanti e, almeno così mi auguro, maggiormente in grado di innescare meccanismi virtuosi di correzione delle distorsioni di quel mercato finanziario globale che il presidente francese prima e quello tedesco poi hanno definito l’uno una follia e l’altro, molto più di recente, un mostro.

Non so quanto interessata o voce dal sen fuggita, ma la notizia che rischia di sovrastare quella su cui tanto a lungo mi sono soffermato è quella relativa ad una dichiarazione contenuta nel testo preparato per una conferenza del numero uno di Bank of America, Kenneth Lewis, un uomo che è riuscito a sfondare nella vita pur sfoggiando un sono nome di battesimo e nessun numero romano posto a seguito dell’alquanto comune, almeno negli States, cognome, quando afferma per la delizia dei neo postgraduati di una Business School della New York University che un numero crescente di Investment Banks sarà costretto a fondersi con le molto più solide banche commerciali - come la sua, si intende – (anche perché continuare a mantenere fede nel modello stand alone potrebbe fatalmente destinarle al naufragio sotto gli alti marosi della tempesta perfetta in corso da oltre dieci mesi N.d.R.).

L’altra amara lezione, purtroppo, riguarda gli investitori ed i risparmiatori, soprattutto i più deboli e meno informati tra questi ultimi, spesso veri e propri agnelli sacrificali immolati da speculatori senza scrupoli, grazie alla complicità di analisti e commentatori molto, ma molto, embedded alle logiche del capitale finanziario, frastornati da un diluvio di notizie spesso contrastanti tra di loro, ma nele quali è quasi sempre assente una chiara analisi delle vere cause di questo vero e proprio meltdown finanziario.

E’ anche per questo che ho accettato di tenere in diverse sedi associative dei cicli di lezioni destinate ad un uditorio di anziani, ai quali cercherò di fornire delle “istruzioni per l’uso” volte, almeno lo spero, a metterli in grado di resistere alle più o meno seducenti sirene degli aspiranti vampiri delle loro più o meno grandi disponibilità finanziarie; il primo di questi incontri dovrebbe tenersi giovedì 22 maggio a Roma per i soci di 50 e Più e cercherò di garantire la video ripresa e la successiva disponibilità della stessa in rete.

Per motivi assolutamente indipendenti dalla mia volontà e che mi auguro temporanei, le puntate del Diario della crisi finanziaria non sono più apparse da giovedì 8 maggio sul sito della UILCA, che, assieme a Flipnews ed al quotidiano on line Rosso di Sera, ha ospitato sin dal suo avvio questa avventura editoriale iniziata il 3 settembre dello scorso anno, cosa della quale mi scuso con i pochi ma fedeli lettori che mi seguivano da quel sito, mentre la decisione di non collaborare più con Rosso di Sera, avvenuta molti mesi orsono, è dipesa da una mia scelta autonoma, legata al mutamento della linea editoriale e politica di quel quotidiano, che da espressione di associazioni si è trasformato in una sorta di organo de La Sinistra L'Arcobaleno, formazione politica rispettabilissima ma alla quale non faccio assolutamente riferimento.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/