giovedì 26 giugno 2008

Bernanke continua ad essere Bernspan!


Non vi è niente di più scontato di una decisione scontata, in particolare se la stessa è profondamente sbagliata, come nel caso della scelta del Federal Open Market Committee della Federal Reserve di lasciare i tassi sui Fed Funds al 2 per cento ed il tasso ufficiale di sconto lì dove era stato lasciato nella precedente riunione.

Che nella sua trasfigurazione dal mite professore di Princeton con il pallino dello studio delle crisi finanziarie all’ibrido personaggio un po’ dr. Jekill un po’ mr. Hide che ho avuto modo di denominare sin dall’inizio del Diario della crisi finanziaria con l’appellativo di Bernspan, Ben Bernanke abbia deciso di stare perennemente behind the curve, se non addirittura behind the market è cosa oramai ultranota, ma che persistesse alquanto diabolicamente nel suo erroe, ebbene, questo finisce per sorprendere me, ma lascia del tutto estasiati i suoi estimatori, che sono poi né più né meno gli stessi che andavano in visibilio per le gesta del clarinettista provetto e previsore Alan Greenspan, il Maestro per ben quattro presidenti degli Stati Uniti d’America che ha guidato la Fed per 19 anni, contribuendo in misura determinante al marasma nel quale siamo non proprio felicemente tutti immersi.

Ad onor del vero, non credo che Greenspan avrebbe esitato come il suo tremulo erede di fronte al deciso rialzare la testa dell’inflazione, che, anche alla luce dell’inevitabile effetto di trascinamento, minaccia di rendere il tasso sui Fed Funds ancora più negativo ove lo stesso venga espresso in termini reali, al pari di quanto sta accadendo per quel tasso ufficiale di sconto che rappresenta il ben misero ticket da pagare per l’ingresso nella ampia discarica a cielo aperto di titoli della finanza strutturata graziosamente aperta dalla Fed di New York ad uso e consumo delle banche commerciali e financo delle Investment Banks, discariche nelle quali i suddetti titoli vengono scambiati pressoché alla pari con fruscianti Treasury Bonds o denaro contante.

Negli anni trascorsi come Fed watcher e Buba watcher, ho avuto modo di osservare le repentine giravolte del Maestro Greenspan, perfettamente in grado di passare, in materia di tassi di interesse, da un lassismo spinto ad un uso veramente disinvolto della “corda del boia” e credo veramente che, giunti a questo punto, non avrebbe esitato a tirarla senza indugio alcuno, del tutto, o quasi, indifferente ai desiderata delle Investment Banks e delle banche più o meno globali, anche se il suo approccio mai avrebbe potuto essere caratterizzato dalla durezza al limite della spietatezza di un Hans Tietmeyer o di un Otmar Issino, i veri antenati dei neotemplari che affollano il board di quella Banca Centrale Europea che sta facendo veramente di tutto per dimostrarsi la degna erede dello spirito e dei valori della Bundesbank.

Non è certo un caso se una nonostante tutto speranzosa Wall Street abbia prontamente spento i suoi alquanto tiepidi ardori all’annuncio che la forsennata ed alquanto dissennata smania ribassista di Bernspan e complici è ormai del tutto evaporata e che, anche se si sono presi una spero breve pausa di riflessione, la prossima mossa consisterà in un più o meno deciso rialzo dei tassi di interesse che riguarderà sia quello sui Fed Funds che quel tasso ufficiale di sconto destinato, al più presto, a tornare tra i reperti archeologici della politica monetaria statunitense, dove peraltro era placidamente stato negli ultimi decenni, prima di essere richiamato in servizio al solo scopo di tenere in vita le banche di ogni ordine e specie e consentire alle stesse di smaltire almeno una parte della montagna di titoli della finanza strutturata di cui le stesse erano, loro malgrado, rientrate in possesso.

In un mercato finanziario globale nel quale le aspettative contano assai di più della realtà, l’approssimarsi a certo tempo data della politica monetaria restrittiva rischia di produrre effetti veramente devastanti, anche alla luce dell’alquanto ovvia considerazione che nemmeno una politica estremamente accomodante è bastata per evitare all’orso di Stearns di tirare mestamente le cuoia e ad altre importanti entità del mercato finanziario medesimo di rischiare un giorno sì e l’altro pure di seguirne le orme, anche perché la moltiplicazione dei pani e dei pesci sulle rive di un lago mediorientale è riuscita ad una sola persona duemila anni circa orsono, con lo spiacevole corollario che non gli ha detto neanche troppo bene.

La ben diversa politica seguita dalla BCE guidata dallo germanizzato Jean Claude Trichet vedrà a giorni l’avvio di una serie di rialzi del tasso di riferimento che non si concluderà finché lo stesso non si troverà a distanza di sicurezza dal tasso di inflazione ormai prossimo al 4 per cento, scenario al quale i governi dei paesi dell’area dell’euro e le banche ivi basate si stanno rapidamente adattando, nella speranza che questo almeno consenta di uscire dagli alti marosi della tempesta perfetta in corso senza troppi morti e feriti, ma, soprattutto, senza dover essere costretti a rivivere le code agli sportelli sperimentate alla fine della scorsa estate nella civilissima Gran Bretagna.

Se qualcuno si attendeva ieri qualche buona notizia proveniente dall’economia reale statunitense è rimasto certamente deluso, in quanto si sono registrate solo brutte notizie provenienti dal disastrato settore immobiliare, con le vendite di nuove case calate in maggio del 2,5 per cento rispetto al dato di aprile ed un valore annualizzato appena superiore alle cinquecentomila unità, mentre il prezzo mediano delle stese è calato del 5,7 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, portandosi ad un alquanto infimo valore di 231 mila dollari.

Nel contempo, gli ordini di beni durevoli non è riuscito che a mantenersi flat, il che non è proprio una bella cosa ove si consideri che nei due mesi precedenti gli ordini avevano registrato flessioni significative ed anche alla luce del fatto che il non verificarsi del terzo calo di fila è spiegabile con il balzo in avanti degli ordini di aerei per uso civile e di una crescita ancora più sostenuta di aerei per usi militari, mentre continuano a calare gli ordini legati all’automobile e, al netto del volatile settore dei trasporti, gli ordini di beni durevoli sono scesi in maggio di un soffio meno dell’uno per cento rispetto al mese precedente.

Gli analisti, nel frattempo si ostinano a sperare di potersi riconsolare con l’aglietto rappresentato dalla diffusione prevista per oggi della terza stima relativa al GDP statunitense che potrebbe, almeno a loro avviso, passare dallo 0,9 della seconda lettura ad un non certo esaltante uno per cento tondo.

Nel frattempo, il buon livello delle scorte statunitensi di prodotti petroliferi ha inciso significativamente sul prezzo del greggio che martedì aveva provato a ritestare i recenti record e approfitto dell’occasione per ricordare l’invito ad una estrema cautela che ho rivolto nella puntata di ieri a quanti si sono recentemente messi in scia ai grandi operatori che da tempo scommettono su rialzi pressoché infiniti del prezzo del petrolio e delle altre materie prime, derrate alimentari comprese.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/
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Per uno strano scherzo del destino, ho appreso solo ieri ed in modo del tutto casuale che un amico conosciuto sin dai tempi del ginnasio, una persona speciale per le sue doti di dirittura morale e per la passione con la quale esercitava la sua professione di giuslavorativa, è prematuramente scomparso quasi due mesi orsono, lasciando la moglie, Silvana, e due splendidi figli ed in me un vuoto che sarà molto difficile colmare.
Buon viaggio, Duccio!