venerdì 11 luglio 2008

Bernspan e Paulson lanciano il si salvi chi può!


Quasi non fosse bastato il segnale dato al mercato con la nomina di Robert Steel, braccio destro del ministro del Tesoro statunitense, Henry Paulson, alla guida di di Wachovia Bank, la quarta banca statunitense ad onta del nome un po’ polacco, un’indicazione ancora più inquietante dello stato di disperazione imperante tra le maggiori entità operanti nel mercato finanziario globale a meno di un mese da quel 9 agosto del 2007 è venuta ieri dall’apparizione del duo Bernspan-Paulson davanti ad una Commissione del Congresso USA per chieder che vengano dati ai regolatori maggiori poteri in merito alle procedure volte ad una ordinata liquidazione di banche di investimento o di banche commerciali che vengano a trovarsi sull’orlo del fallimento o siano già tecnicamente fallite.

Come i due massimi esponenti della politica economica e monetaria federale già ben sapevano, non è restato agli attoniti deputati che ricordare a loro ed alla opinione pubblica che non è nelle possibilità di un Congresso al termine del suo mandato di affrontare in fretta e furia modifiche di tale importanza ed aventi conseguenze imprevedibili sul gioco al massacro attualmente in corso nel mercato finanziario statunitense, ma più in generale nel mercato finanziario globale, anche perché gli operatori hanno fatto le loro scelte e preso le loro decisioni a partire dall’attuale quadro normativo e regolamentare, scelte e decisioni che verrebbero fortemente influenzate dalle innovazioni proposte, giuste o sbagliate che le stesse siano.

Ma proprio perché Bernspan e Paulson sapevano benissimo che le loro richieste non potevano trovare pronta accoglienza, in quanto dovranno essere prese in esame dal nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America e dal nuovo Congresso, è evidente che la loro apparizione simultanea aveva in realtà lo scopo di mandare un messaggio che chiarisse urbi et orbi che non vi sarà un nuovo salvataggio stile Bear Stearns e che, quindi, le diverse entità operanti nel mercato finanziario dovranno, se non l’hanno già fatto, approntare misure che rendano meno traumatiche le conseguenze derivanti dal fallimento di una o più Investment Banks o di banche di ogni ordine e specie, in quanto non varrà più né il too big to fail, né la considerazione delle micidiali interrelazioni esistenti tra le diverse entità finanziarie.

Si tratta di una scelta che il numero uno della Fed ed il banchiere di investimento di lungo corso prestato non più di due anni fa alla politica hanno certamente meditato a lungo e che è stata, altrettanto certamente, influenzata dagli scottanti dossier che entrambi hanno sulle loro scrivanie e intestate alle entità di finanziarie che da mesi sono sulla bocca di tutti, ma anche ad altre delle quali non si osa neppure, al momento, parlare o scrivere, per il semplice motivo che rappresentano i rari porti sicuri verso i quali si dirigono i tanti naufraghi della tempesta perfetta virulentemente in corso, entità talmente grandi che non si porrebbe per loro alcuna possibilità di intervento da parte di chicchessia per il semplice e banale motivo che molte di esse sono del tutto fuori portata per chiunque, fondi governativi arabi ed asiatici compresi.

La tanto temuta terza ondata, in effetti, era talmente alta che non permetteva di vedere che dietro di essa si preparava quello che potrebbe essere il vero tsunami, quell’onda definitiva e devastante che, in singolare coincidenza con l’approssimarsi del primo anniversario della tempesta perfetta, sta letteralmente togliendo il sonno e la salute alle pochissime donne ed ai tanti uomini posti a capo delle diverse e variegate entità operanti nell’un tempo scintillante e prospero mercato finanziario globale, il tutto mentre i piccoli e medi investitori, per non parlare dei semplici cittadini non riescono nemmeno ad immaginare le conseguenze immediate, né tanto meno quelle di medio e lungo periodo che potrebbero derivare dall’abbattersi della quarta e forse fatale ondata della tempesta perfetta.

Non è peraltro certo un caso se proprio ieri si è verificato a Wall Street qualcosa che non è assolutamente riflesso nell’andamento dei tre principali indici azionari, ma che è stato perfettamente visibile osservando il vero e proprio meltdown riguardante le entità finanziarie da mesi sotto il tiro dei ben informati, Lehman Brothers, IndyMac, Ambac, Fannie Mae, Freddie Mac e chi più ne ha ne metta, le cui azioni hanno registrato variazioni negative di entità impensabile soltanto un anno fa e oramai giunte a valori impensabili anche sugli scaffali di Walmart, l’immensa catena che pratica sconti sui prezzi praticati dalla concorrenza che rendono i nostri più agguerriti hard discount delle costose ed inavvicinabili boutique.

Come ho avuto modo di ripetere quasi sino alla noia, tutto quanto sta avvenendo, tempistica e precedenze nelle difficoltà ovviamente escluse, era perfettamente chiaro ai pià scafati ed agguerriti tra gli addetti ai lavori sin dal secondo mese della tempesta perfetta, il che consente di dire che l’assimetria informativa esistente nel mercato finanziario globale ha raggiunto dimensioni tali che, solo per dare un’idea, è come se vi sedeste ad un tavolo di poker con cento dollari, mentre i vostri compagni di tavolo dispongono di dotazioni mille o centomila volta superiori, il che è esattamente quanto accade alle centinai di miloni di persone che pensano di avere le stesse informazioni e la stessa conoscenza dei mercati che caratterizzano il gestore di un hedge fund che da miliardi o decine di miliardi di dollari.

Se pensate di poter competere con David Einhorn, George Soros, Warren Buffett o gli altri soci del club dei multimiliardari non siete solo degli illusi, siete anche molto sciocchi, in quanto a prescindere dalla diversità di carattere e di modo di operare che caratterizzano queste persone che, sin da quando erano poco più che in fasce, hanno capito la lezione a suo tempo appresa ed impartita da John Maynard Keynes, una lezione molto semplice e che è data dal fatto che stupidità, avidità e paura la fanno da padrone nell’agire economico e che da questa comprensione possono venire guadagni a palate per coloro che “imparano dagli stupidi per gabbarli”, il che prescinde del tutto dalla dotazione iniziale di cui ognuno di questi abili giocatori dispone all’inizio della propria personale avventura.

Esistono, certo, anche delle opportune tecnicalità per non naufragare prima del tempo, ma è altrettanto certo che, senza una comprensione profonda delle determinanti ultime dell’agire dell’homo economicu, non si va proprio da nessuna parte in quel casinò a cielo aperto rappresentato dal gigantesco mercato finanziario globale.

La disparità estrema di informazioni esistente in campo economico e finanziario è ulteriormente amplificata dalle cortine fumogene che analisti, giornalisti ed esperti del tutto o in parte embedded alle logiche ed ai voleri del capitale finanziario spargono opportunamente ad ogni stormir di fronde, salvo poi amplificare a dismisura le paure e le preoccupazioni non appena i loro datori di lavoro si sono opportunamente posizionati e pronti ad approfittare di questi sentimenti, così come, in precedenza, avevano profittato a piene mani delle spesso immotivate e molto ottimistiche speranze.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ , mentre rendo noto che sono stati pubblicati nei giorni scorsi gli atti dello stesso convegno.