domenica 27 luglio 2008

Piccole banche falliscono, banche globali tremano!


Alla legge che stanzia una somma considerevole che dovrebbe aiutare 400 mila famiglie statunitensi ad evitare l’esproprio della propria abitazione manca oramai solo la firma del presidente Bush, il quale non solo ha reso noto nei giorni scorsi che non avrebbe posto il più volte minacciato veto al provvedimento, ma, pressato dal ministro del Tesoro statunitense, Henry Paulson, ha fatto la sua parte affinché venisse finalmente data una risposta almeno ad una parte delle milioni di famiglie che rischiano seriamente di perdere la casa, come è già avvenuto per altre milioni di famiglie, come testimoniato dall’alluvione di procedure di esproprio delle case dei mutuatari in difficoltà, procedure che non accennano ad esaurirsi, ma che, anzi, hanno toccato in giugno un nuovo picco di fase e sono risultate il triplo di quelle quello registrate nello stesso mese del 2007.

Il fatto che la situazione sia alquanto drammatica proprio in stati come la California e la Florida è,d’altra parte, molto significativo, in quanto si tratta non solo delle due realtà geografiche degli Stati Uniti d’America che avevano forse rappresentato meglio la virulenza della crescita della bolla speculativa nel settore immobiliare ormai irrimediabilmente esplosa, ma anche dei due stati nei quali maggiore era stato l’attivismo di una pletora di banche e di finanziarie che avevano seguito una politica dell’offerta molto aggressiva, giungendo ad offrire mutui a chiunque mediante sollecitazioni telefoniche ed allettanti depliant infilati nella buca delle lettere dei possibili, a volte anche molto improbabili, mutuatari.

Non è così un caso che, nell’ennesimo caldo week end da quando è iniziata la tempesta perfetta, altre due banche di non rilevanti dimensioni hanno dovuto chiudere i battenti per decisione della Federal Deposit Insurance Corporation, l’equivalente statunitense del fondo interbancario di garanzia italiano, anche se stavolta si è trovato un acquirente nella Mutual of Omaha, per cui i depositanti della First National Bank of Nevada e dell’Heritage Fund, due entità che vantavano complessivamente 28 filiali, vedranno garantiti integralmente i propri depositi, anche oltre i 100 mila dollari che rappresentano il limite dell’intervento del FDIC, il che li pone in una situazione di maggior favore rispetto ai depositanti della banca californiana fallita nelle settimane scorse e per la quale non è stato possibile, anche alla luce delle ben maggiori dimensioni, trovare uno straccio di acquirente.

Inizia, quindi, domani nel modo peggiore la penultima settima che precede il primo anniversario della più grave crisi finanziaria dalla fine della seconda guerra mondiale, che, lo ricordo, viene datata al 9 agosto del 2007, il giorno nel quale il mercato interbancario si trovò in un’inedita situazione di totale blocco della liquidità e, anche a causa dell’assenza per ferie di tutti i membri del Board, un semplice dirigente della Banca Centrale Europea, l’italiano Papadia, fu costretto a prendere la decisione della sua vita, immettendo, dopo un frenetico giro di telefonate con i vertici dell’istituto con sede a Francoforte, liquidità per un ammontare pari ad una volta e mezzo quanto venne messo a disposizione delle 46 banche operanti in prima persona sul mercato dell’euribor dopo i tragici fatti dell’11 settembre 2001, l’attacco, cioè, portato dall’organizzazione più pericolosa del fondamentalismo islamico al cuore degli Stati Uniti d’America.

Quella che si apre domani è, inoltre, anche la settimana in cui va a scadenza, il giorno 29, il provvedimento di emergenza con il quale Effe O Ixs (al secolo, Christopher Cox, capo della Securities and Exchange Commission ed un'autenitca fox) ha posto le briglia all’esercito di accaniti ribassisti, impedendo di fatto e di diritto la vendita allo scoperto di diciannove entità operanti nel mercato finanziario statunitense, un numero che include tutte le superstiti Investment Banks, le maggiori banche commerciali statunitensi, Fannie Mae e Freddie Mac, nonché qualche banca europea.

Non so se, anche alla luce dell’esaurirsi in tempi molto rapidi del rimbalzo drogato delle quotazioni di queste entità che hanno vissuto momenti molto drammatici nelle ultime sedute della scorsa ottava, il provvedimento verrà prorogato, come chiedono ovviamente a gran voce gli alquanto disperati vertici di gran parte delle diciannove entità beneficiate e che temono come la peste il ritorno in pista di David Einhorn e di quella vasta schiera di miliardari in dollari che si sono messi sulla sua scia nel settembre del 2007, quando il giovane e ricchissimo hedge funder dichiarò al mondo intero la sua ferma intenzione di giocare al ribasso contro un indeterminato ma folto numero di entità finanziarie statunitensi e globali (il numero esatto forse ce lo ha, involontariamente, fornito lo stesso Effe O Ixs), ma sono certo che da simili e molto asimmetriche misure non è mai venuto nulla di buono, come ho dovuto constatare nella mia non breve attività di central banks watcher, in particolare nei momenti in cui i central bankers ed i governi dei paesi maggiormente industrializzati entrano nel panico.

Comunque vada, per non sapere né leggere né scrivere, sono stati ammassati nuovi sacchetti di sabbia alle finestre dei grattacieli che ospitano le lussuosissime sedi delle quattro Investment Banks e altrettanto sta avvenendo nelle divisioni di Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali, così come ci si sta preparando al peggio nelle sedi delle maggiori compagnie del mondo, nelle monoliner, nel frattempo, si vive questa condizione da oltre sei mesi, e mentre i fondi di investimento ed i fondi pensioni statunitensi iniziano a temere i devastanti effetti sui loro già pencolanti conti dello scoppio della bolla petrolifera che essi stessi hanno contribuito a formare, una bolla che si è già sgonfiata di ben 24 dollari rispetto all’assurdo record toccato non molte sedute orsono, una flessione non molto distante dal 20 per cento e che, per le tecnicalità proprie del mercato dei derivati, ha già determinato perdite di non poco momento per quanti, e non sono pochi, si è inserito nel pericolosissimo gioco di recente.

Sarei molto curioso di conoscere le determinazioni dei severissimi vigilanti sul mercato basato a Chicago, quegli stessi soloni che misero il sale sulla coda del defunto Raul Gardini o su quelle dei fratelli Hunt, quando gli sventurati raiders ebbero l’ardire di monopolizzare il monopolizzabile nella soia il primo e nell’argento i secondi, costringendoli, in tempi non troppo lontani da quei provvedimenti, ad andare incontro alla triste esperienza del fallimento, una decisione che, almeno nel caso del simpatico corsaro accasatosi in Ferruzzi, lo portò ad una morte che rimane tuttora un mistero per quanti lo hanno conosciuto o, come nel mio caso, ne hanno seguito attentamente le gesta dalle colonne de Il Manifesto, quotidiano con il quale ho collaborato per tre anni.

Non mi sono occupato dei numerosi articoli che vedono negli effetti della tempesta perfetta le cause di un numero crescente di fallimenti matrimoniali di numerosi banchieri, finanzieri e, più in generale, di persone ai vertici di Wall Street, anche perché considero molto scontata tale evoluzione dei sentimenti alla luce del fatto che, da poco meno di dodici mesi, queste persone non possono permettersi un week end degno di questo nome, per non parlare poi di un meritato periodo di vacanze e di relax, e questo le mogli non possono in alcun modo accettarlo!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ , mentre rendo noto che sono stati pubblicati nei giorni scorsi gli atti dello stesso convegno.