martedì 12 agosto 2008

Lo sceriffo Cuomo mette la taglia su altre tre grandi banche statunitensi!


Il Wall Street Journal, la gazzetta ufficiale della crisi finanziaria oramai in corso da un anno, una sorta di diario di bordo semiufficiale della tempesta perfetta, ha anticipato ieri, via web, una notizia che sarà presente nell’edizione odierna del più autorevole e diffuso quotidiano finanziario degli Stati Uniti d’America, e cioè che il nuovo sceriffo di New York, Andrew Cuomo, ha inviato una garbata lettera a tre grandi banche statunitensi per informarne i vertici in merito alla sua intenzione di procedere nei loro confronti per gli stessi reati addebitati nelle settimane scorse a colossi del calibro di Citigroup, Merryll Lynch e l’extracomunitaria e sempre più malconcia UBS, anche loro in numero di tre e tutte corse in un tempo relativamente breve ai ripari, impegnandosi a riacquistare auction-term securities per decine di miliardi di dollari ed impegnandosi ad assistere gli investitori istituzionali nella vendita degli assets della medesima specie che superano la soglia dei 10 milioni di dollari prevista in modo pressoché uniforme dai tre deals.

Non credo proprio che la missiva del procuratore generale di New York abbia suscitato entusiasmi negli imponenti edifici che ospitano le sedi di J.P.Morgan-Chase, di Morgan Stanley e di Wachovia Bank (che, come ho già avuto modo di ricordare, non è la filiale estera di una banca polacca, ma la quarta banca commerciale statunitense), anche perché si tratta di inserire tra la pletora di titoli classificati come maggiormente rischiosi altra carta che ha un valore facciale per decine di miliardi di dollari, ma che, in realtà, vale poco o niente, come ben sanno i clienti che hanno avuto la sventura di acquistarli sino a che, all’inizio di marzo, le vendite sono state finalmente bloccate causa la totale illiquidità del relativo mercato.

Al di là delle dichiarazioni di facciata degli addetti stampa delle prime tre banche a cadere nella rete del severo figlio dell’ex Governatore dello Stato di New York, così come di quelle più o meno fotocopia che faranno seguito, nei giorni a venire, ai prossimi tre deals, è ormai chiaro a tutti che lo stuolo di procuratori impegnati in decine di Stati non avranno pace sino a quando gli investitori individuali e forse anche quelli istituzionali non avranno ripreso possesso degli almeno 330 miliardi di dollari che, stando alle accuse, sarebbero stati loro estorti con la frode, termine impietosamente usato da Cuomo e dai suoi emuli nei sub poenas sino ad oggi inviati agli inquilini degli uffici foderati di mogano posti ai piani alti delle sedi delle banche di investimento e di quelle più o meno globali.

Viene alquanto da sorridere, ad esempio, al pensiero che, in una sua nota più o meno ufficiale, i disperati vertici di UBS stimano un costo di appena 900 milioni di dollari a fronte dell’impegno a riacquistare ATS per poco meno di 19 miliardi di dollari, mentre corre il serio rischio di vedere tragicamente invertite le proporzioni tra i due aggregati, anche perché le più elementari norme di assets & liabilietis management stanno lì ad indicare come tecnicamente sbagliata l’eventuale scelta di tenersi in carico roba del genere, anche perché anche la via dello smaltimento nella capace discarica aperta dalla Federal Reserve di New York vede da giorni esposto il cartello del tutto esaurito.

Troppo con l’acqua alla gola per preoccuparsi di quella vera e propria inezia rappresentata dal danno reputazionale inferto mentre già si trovano ai livelli più bassi di gradimento e di fiducia da parte della loro clientela, i vertici delle banche già colpite dall’apertura dei procedimenti giudiziari e di quelle che sanno benissimo che è soltanto questione di tempo perché lo stesso accada anche a loro, la cosa che più inquieta i già agitati sogni dei banchieri di investimento e di quelli con ambizioni più o meno globali è il fatto che erano veramente convinti di essersi definitivamente liberati di quel “pacco” dal valore nominale di 330 miliardi di dollari e non riescono proprio a capacitarsi che, se tutto andrà bene, se la caveranno “soltanto” mediante la restituzione del maltolto.

Eh già, perché né Cuomo, ne gli altri procuratori alle prese con la spinosa questione hanno voluto pronunciare la parolina magica tanto attesa dagli atterriti protagonisti di quello che sino a pochi anni orsono era considerato il migliore dei mondi possibili, un mondo nel quale bastava moltiplicare la carta per guadagnarsi la pagnotta ed avere, come companatico, bonus multipli della già molto elevata retribuzione annua.

E’ vero che decine di migliaia di donne e di uomini che al magico mondo della finanza hanno sacrificato i loro anni migliori stanno molto peggio, in quanto sono stati violentemente sbattuti fuori dai loro palazzi dorati e stentano ad abituarsi alla loro nuova condizione di disoccupati, spesso tutt’altro che di lusso, anche perché era da lungo tempo che gli unici traslochi che erano abituati a fare erano quelli legati all’ottenimento di un nuovo e molto meglio pagato posto offerto loro da qualche head hunter che oggi se la passa forse anche peggio di loro!

Le favole metropolitane raccontano del crollo verticale in corso a New York come a Londra dei prezzi di tutti quegli inutili gadgets così richiesti quando le cose andavano proprio a gonfie vele, così come (si stenta a crederlo) dei prezzi degli affitti e degli acquisti di abitazioni dislocate nelle zone che sino ad un anno fa erano le più richieste dalla pletora di boss ed aspiranti tali delle banche di ogni ordine e specie nei vari golden miles di Manahattan o della City.

Come ho avuto modo di scrivere alcuni mesi fa, uno degli aspetti più pericolosi connessi alla tempesta perfetta è quello che a che fare con l’aumento esponenziale della litigiosità giudiziaria individuale o via class action, in quanto era molto difficile pensare che milioni e milioni di proprietari di case accettassero supinamente di vedere il gravissimo danno rappresentato dall’esproprio della casa aggiungersi alla beffa di passare per delinquenti che si erano approfittati della eccessiva generosità delle banche che avevano concesso loro prestiti per l’acquisto della casa o rifinanziamenti successivi, anche perché memori della vera e propria caccia al cliente scatenata dai procacciatori d’affari delle finanziarie o delle banche assetate di sempre nuovo business da acquisire veramente ad ogni costo.

Quando la tempesta perfetta diverrà oggetto di studio e non più materia di cronaca, si scoprirà che alla base di tutto quello che è avvenuto vi è, in larga misura, stata la convinzione molto diffusa che, grazie ai diversi aspetti della globalizzazione e della finanziarizzazione, fosse realmente possibile che lo sviluppo dei paesi maggiormente industrializzati non incontrasse mai i limiti storicamente connessi allo sviluppo stesso, non fosse altro che l’assoluta scarsità delle risorse disponibili,in particolare delle materie prime energetiche e delle derrate alimentari, un mito che ha accomunato, al di qua ed al di là dell’Oceano Atlantico la maggior parte degli economisti, degli opinionisti, degli uomini d’affari, tutti convinti, talvolta in perfetta buona fede, che la fine della Storia fosse anche la fine di quelle tremende e spesso imprevedibili recessioni!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ , mentre rendo noto che sono stati pubblicati nei giorni scorsi gli atti dello stesso convegno, informando che gli stessi sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.