sabato 22 novembre 2008

Citigroup will be the next!


La notizia di tre nomine importanti da parte del presidente eletto Barack Obama, notizia non ufficiale ma proveniente direttamente dal suo staff, ha consentito al Dow Jones, in linea peraltro con gli altri due principali indici statunitensi, di recuperare nel finale della seduta di venerdì poco meno di 500 punti, pari al 6,5 per cento, invertendo la tendenza di una ottava altrimenti davvero orribile che aveva visto, nella seduta di giovedì, l’onta dei 7.500 punti e scambi complessivi sull’intero mercato azionario per oltre 13 miliardi di pezzi.

Certo, la quasi certa nomina di Hillary Rhodam Clinton alla carica di Segretario di Stato, l’equivalente del nostro ministro degli esteri, così come quella del Governatore Bill Richardson al Commercio sono nomine importanti e pesanti sia per il peso relativo degli incarichi, sia per il peso politico dei nominati, ma è bastato che filtrasse la molto pilotata indiscrezione sul nome di Timothy Geithner (si pronuncia gaitner) quale sostituto dell’ex (?) investment banker Hank Paulson per mettere letteralmente le ali alle quotazioni della maggior parte delle azioni, Citigroup ovviamente esclusa, anche perché sembra davvero destinata ad essere la prossima banca salvata in extremis!

Il quarantasettenne presidente della Federal Reserve di New York e gestore della più ampia discarica a cielo aperto per i titoli tossici della finanza strutturata era quello più voluto dagli operatori di Wall Street e dalle banche di ogni ordine e grado, in quanto giudicato un esperto navigato a dispetto della giovane età, ma, soprattutto, un non nemico, né tantomeno un sostenitore delle tante Main Street di cui è costellata quella che ancora resta la nazione più potente del pianeta, un personaggio che si è fatto le ossa al Dipartimento del Tesoro sotto le due amministrazioni di Bill Clinton e poi passato alla guida della più importante tra le Fed territoriali, oltre ad essere quella che ospita i lavori del Federal Open Market Committee nel quale il suo numero uno ha diritto di voto permanente.

Con grande signorilità, l’altra candidata alla carica, Sheila Bair, la molto determinata presidentessa della Federal Deposit Insurance Corporation ha nella stessa giornata ufficializzato il piano per garantire nuove emissioni di titoli di debito delle banche statunitensi destinati ad altre banche per la non modesta cifra di 1.400 miliardi di dollari, una misura che si accompagna all’estensione della garanzia dei depositi dai precedenti 100 mila dollari a 250 mila, due provvedimenti tesi a ripristinare la fiducia nelle e tra le banche, condizione necessaria, ma, purtroppo, non automaticamente sufficiente, per spingere le banche stesse a limitare il micidiale credit crunch in corso per un ammontare di parecchio multiplo a quello previsto dal provvedimento del FDIC.

Come aveva giustamente osservato un brillante commentatore, Obama si è guardato bene dall’indicare alla titolarità del Dipartimento del Tesoro un castigamatti, puntando piuttosto su un addetto ai lavori che, seppure non proveniente né dall’investment, né dal commercial banking, non è considerato proclive a quella crociata contro il moral hazard che pure sembra fortemente desiderata da almeno il 60 per cento degli americani che avrebbero voluto vedere una sorta di Norimberga della finanza, con centinaia, se non migliaia di imputati alla sbarra, non esclusi Hank Paulson, Bernspan ed Effe O Ixs (al secolo Christopher Cox)!

Per quel che vale, avrei francamente preferito, a dispetto della non giovane età, la nomina di Paul Volker, un personaggio che aveva tutte le carte in regola per procedere ad una risistemazione di quel casinò a cielo aperto che è purtroppo divenuto il mondo della finanza, ma tiro un sospiro di sollievo all’idea che è stata scartata l’ipotesi di nominare Larry Summers, un clintoniano doc, ma anche uno dei massimi responsabili di quello scellerato processo di deregolamentazione che ha reso la finanziarizzazione e la globalizzazione ingredienti micidiali della tempesta perfetta in corso da sedici mesi e mezzo.

Forse anche perché molto preoccupato per la stabilità del suo dorato impiego, il germanizzato Jean Claude Trichet a capo dei suoi neotemplari colleghi della Banca Centrale Europea, ha voluto rassicurare i governi dei paesi facenti parte dell’eurozona e gli autorevoli candidati a farne parte, Gran Bretagna in testa, della sua intenzione di tenere conto del drammaticamente mutato quadro di riferimento, procedendo, sin dalla riunione del board dell’istituto di Franfurt am Mein prevista a dicembre, ad un ulteriore taglio dei tassi, una decisione che rende più credibile la previsione che vede il tasso di riferimento, attualmente al 3,25 per cento, portarsi nuovamente al minimo storico del 2 per cento entro la metà dell’anno prossimo.

Assolutamente non paghi di questo ammorbidimento di Trichet e dei suoi colleghi e delle buone notizie provenienti dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, Gordon Brown, Nicolas Sarkozy, Anglea Merkel e, per quel che conta, Bermontì (sintesi che utilizzerò, d’ora in avanti, per indicare la versione tremontiana di Berlusconi, una delle tante maschere assunte dal nostro premier, che alterna a quelle di Berlettà e Berbossì, due altre e più o meno felici sintesi che affido all’immaginazione dei miei lettori), affilano neanche troppo in segreto le loro tutt’altro che spuntate armi in vista di quella regolazione dei conti tra il potere da essi stessi incarnato e quello del Big Finance e del Big Business in salsa europea, non tanto perché responsabili dell’attuale meltdown della finanza e dell’economia reale, quanto, piuttosto, in quanto colpevoli del reato, ai loro occhi ben più grave, di essersi allargati a dismisura, rendendo il potere effettivo delle cancellerie ben poca cosa.

Gli eventi delle prossime settimane chiariranno meglio i contorni della risistemazione dei rapporti tra i poteri prossima ventura, anche se, almeno stavolta, i mercati sembrano avere capito tutto, o quasi!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.