lunedì 1 dicembre 2008

Il macabro ballo di Bermonti sul nodo del Core Tier 1 terrorizza i banchieri italiani!


Non vi è dubbio alcuno sul fatto che gli operatori, gli analisti ed i risparmiatori/investitori di tutto il pianeta stanno con il fiato sospeso per vedere se le cinque sedute di rialzo consecutivo segnato dai tre principali indici della piazza di New York avranno una replica anche in questa difficile ottava che vede l’affollarsi di notizie economiche di grande impatto, a partire dal Non Farm Payrolls previsto per venerdì prossimo, e che non si è aperta stamane a Tokyo nel migliore dei modi.

L’esperienza maturata in questi diciassette mesi di tempesta perfetta induce, infatti, ad una certa cautela sull’ondata di ottimismo che si sta diffondendo al di là dell’Oceano Atlantico, anche perché si stanno moltiplicando le previsioni che individuano nel 2009 il picco dei default di quanto si trova ad essere sottostante a buona parte dell’immensa montagna dei titoli più o meno tossici della finanza strutturata, una montagna che, al netto del mare magnum dei Credit Default Swaps, continua ad avere dimensioni almeno decuple del pur gigantesco sforzo finanziario messo in campo dall’amministrazione uscente di Bush Junior.

Tanto per ingannare l’attesa di questa sorta di ordalia, vorrei per una volta soffermarmi su quanto sta avvenendo nel Belpaese dopo la lunghissima esposizione che, in conferenza stampa, il per la terza volta ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha voluto fare del piano di salvataggio delle alquanto malmesse banche e compagnie di assicurazione, il tutto condito da un po’ di interventi anticiclici di modesta entità.

Per carità di Patria, non mi soffermerò su quanto affermato da tremonti ed il suo corifeo Berlusconi sulla primazia europea del piano, anche perché basterebbe citare quanto sta facendo l’attivismo marxist reborned, Gordon Brown, uno che di miliardi di sterline ne ha messi in campo ben cinquecento e che ha tagliato in un colpo solo l’iva dal 17,5 al 15 per cento, o le misure da tempo varate dall’inedita coppia Sarkozy-Merkel, che di miliardi di euro ne hanno stanziati complessivamente poco meno di mille, per capire che non ci siamo né con i tempi, né tanto meno con gli importi che, tra spese vere ed impegni presunti, non dovrebbero in alcun caso superare la ben misera cifra di ottanta miliardi di euro!

Ma si sa benissimo che non è tanto lo stato di salute delle famiglie, del mercato finanziario o quello veramente malmesso dell’economia reale ad interessare quello strano ibrido in salsa leghista che ho da tempo definito Bermonti, quanto una silenziosa ma non per questo incruenta lotta per la ridefinizione dei rapporti di forza tra il potere politico e quello economico latu sensu, una lotta che, stavolta per davvero, non prevede alcuna pietà per i vinti, in buona parte formati da quanti non hanno creduto sin dall’inizio alle virtù taumaturgiche dell’impresario di Arcore, né hanno capito le doti di preveggenza del suo ministro per l’economia, un noto commercialista molto gettonato dai suoi clienti e che ha oggi, in una riedizione della legge del contrappasso in salsa terzo millennio, l’onere di stanare i contribuenti infedeli e di far quadrare i conti del bilancio pubblico, nonché, almeno così giura, di rispettare i parametri di Maastricht e di far scendere il rapporto tra stock del debito pubblico e prodotto interno lordo al di sotto del 100 per cento.

E’ forse per questo che un incauto giornalista presente alla conferenza stampa, apertamente incurante delle variegate forme assunte dai mille rivoli della carità di Stato agli indigenti veri o presunti, ha cercato inutilmente di far uscire allo scoperto le vere intenzioni di Bermonti sulle banche, venendo per questo apertamente rimbrottato dal per la terza volta ministro dell’economia con frasi del tipo: “guardi, che questo interessa solo lei”, mentre è noto che sono mesi che Alessandro profumo, Corrado Passera, Carlo Fratta Pasini, Carlo Mussari ed una schiera di altri presidenti o amministratori delegati delle banche italiane di ogni ordine e grado stanno vivendo notti insonni al pensiero di quello che il governo ha veramente in testa sulla sorte delle loro banche, ma, soprattutto, sulla loro!

Ebbene, incurante delle ripetute dichiarazioni di non interesse per l’intervento pubblico a sostegno dell’attuale livello di patrimonializzazione delle banche, o, per meglio dire, di quel rapporto denominato Core Tier 1, attualmente previsto al 6 per cento, ma che Tremonti, in questo caso apparentemente non d’accordo né con Berlusconi, né con Gianni Letta, vorrebbe portare almeno all’8 per cento, mentre all’italiano presente nel board neotemplare della Banca Centrale Europea, Lorenzo Bini Smaghi, non dispiacerebbe che questo ratio venisse addirittura innalzato al 10 per cento, un livello pressoché doppio di quello attualmente vantato dal Monte dei Paschi di Siena e di 3-4 punti per gli altri quattro principali gruppi bancari italiani, un livello, inoltre, che richiederebbe un adeguamento complessivo per i prime cinque gruppi bancari nell’ordine della svariate decine di miliardi di euro che i loro azionisti di riferimento o non hanno o non hanno alcuna intenzione di sborsare.

Dopo mesi di rinvii, inoltre, il serafico ministro ha anche reso noto che il provvedimento non sarà operativo che dopo il via libera da parte di quel Mario Draghi, Governatore della Banca d’Italia ma anche presidente di quel Financial Stability Forum che, secondo lo stesso Tremonti, è più o meno composto da “una banda di topi posti a guardia del formaggio”, una frase che fa davvero il paio con quella che lamentava l’assenza dei banchieri italiani alle inesistenti primarie del centro-destra, mentre erano corsi in massa a quelle del partito democratico, nonché a quei convegni in quel di Siena sul sistema bancario organizzato da Massimo D’Alema, rispetto ai quali si favoleggia che gli assenti inviassero il certificato medico!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.