mercoledì 10 dicembre 2008

Bush, Paulson e Bernspan tentano di barattare il salvataggio di Detroit con la possibilità di spendere quel che resta dei 700 miliardi di dollari!


Il mercato azionario statunitense ha festeggiato il primo anno della tempesta perfetta interrompendo la breve fase positiva iniziata venerdì scorso, una fase che numerosi commentatori della specie che vede la ripresa sempre dietro l’ennesimo angolo già vedevano prodromica del tramonto della più grave crisi finanziaria mai vissuta dal genere umano, il che era francamente poco credibile, così come poco credibile sembrava il ritrovato entusiasmo per le azioni delle principali protagoniste del mercato finanziario globale che, non del tutto a caso, sono state ieri oggetto delle vendite più massicce da parte degli operatori di ogni ordine e specie.

L’arresto ed il successivo rilascio su cauzione dell’allegro governatore democratico dello Stato dell’Illinois per corruzione continuata ed aggravata, culminata nel tentativo di mettere all’asta il posto di senatore lasciato vacante dal presidente eletto Barack Obama, dimostra ancora una volta come il giovane politico di Chicago abbia in gran parte vinto le elezioni malgrado il suo partito di appartenenza, un partito formata in larga parte da un apparato che avrebbe preferito mille volte che la candidata fosse Hillary Clinton, una persona molto più omogenea alle pratiche non del tutto trasparenti imperanti un po’ ovunque, nonché molto più sensibile alle pratiche hobbistiche che, lo ricordo, negli Stati Uniti d’America sono perfettamente legali e svolte da persone iscritte ad un apposito albo.

L’annuncio giunto in nottata del raggiungimento di un’intesa tra il presidente uscente e i leaders democratici al Congresso sulle modalità del prestito ponte da 15 miliardi di dollari non mette, purtroppo, la parola fine a questa vicenda alquanto indecorosa e che appare sempre più un sequel molto ravvicinato di quanto avvenne a poche settimane di distanza dall’Election Day sull’oramai celebre piano di salvataggio da 700 miliardi di dollari sempre osteggiato dalla gran parte della minoranza repubblicana nonostante fosse proposto dal trio Bush-Paulson-Bernspan, né sembra placare l’opposizione del Great Old Party l’introduzione di una figura non a caso denominata Zar cui competeranno poteri di vita e di morte sulle tre maggiori case automobilistiche americane.

Sconfitti, quasi umiliati, alle ultime elezioni, i congressisti repubblicani stanno cavalcando alla grande l’ondata di sana indignazione popolare contro i comportamenti dei numeri uno delle tre maggiori case automobilistiche a stelle e strisce, così come i protagonisti di quel mercato finanziario trasformatosi negli ultimi decenni in una sorta di casinò a cielo aperto, come ben si è visto ieri, quando i precedenti numeri uno di Fannie Mae e Freddie Mac sono stati processati in diretta televisiva da una commissione parlamentare per i loro comportamenti certamente meritevoli di attenzione da parte del potere giudiziario, quegli stessi comportamenti che il potere politico si è ostinato a non vedere, ma, anzi, a favorire attraverso un processo di deregolamentazione selvaggia e del tutto bypartisan del quale gli ‘eletti dal popolo’ ovviamente si autoassolvono, sperando forse nella scarsissima memoria e nella ancora minore attenzione dei loro elettori!

Credo proprio che il giovane politico di Chicago sospinto dalle alte ondate della tempesta perfetta sin sul soglio della Casa Bianca farebbe bene a continuare a fornire prove di discontinuità e che mantenga aperto quel dialogo via internet con i suoi elettori, in particolare quelli giovani e giovanissimi, che è stato certamente la carta vincente della sua fortunata campagna elettorale, così come mi auguro che non ceda alla tentazione di uno scambio improprio con il sventurato predecessore che cerca in ogni modo di condizionare gli aiuti al settore automobilistico con la possibilità si spendere una parte ancora maggiore di quei 700 miliardi di dollari così faticosamente elargiti dal Congresso.

Non è un mistero per nessuno, infatti, che la materia del contendere stia tutta nel tentativo di Paulson di portare a termine la missione per la quale ha accettato di rinunciare ai compensi da 100 milioni di dollari percepiti nel solo 2007 dal suo successore Larry Blankfein: quella, cioè di cercare di salvare in extremis il sistema finanziario statunitense da quel collasso che aveva in larga misura contribuito a determinare come numero uno incontrastato della potente e molto preveggente Goldman Sachs, forse ancora oggi candidata a fare la fine ingloriosa della rivale Lehman Brothers o di finire accorpata ad uno dei carrozzoni del credito al dettaglio quali Citigroup, Bank of America o Wells Fargo, una prospettiva davvero terrificante per gli strapagati partners di Goldman e che potrebbe essere ancora evitata grazie ad ulteriori e consistenti elargizioni di denaro degli incolpevoli e già abbondantemente massacrati contribuenti americani!

Non credo proprio di scandalizzare i più affezionati lettori del Diario della crisi finanziaria mettendola giù così dura, in quanto ritengo di averli abituati a vedere quanto bolle sotto la superficie del mare alquanto procelloso della finanza più o meno strutturata, così come non credo che vi sia chi si scandalizzi rispetto al fatto che il trio sopra menzionato non avrebbe alcuna vergogna nel portare a termine questa missione di salvataggio dopo avere fallito nelle campagne di guerra in Iraq ed in Afghanistan e dopo aver foraggiato abbondantemente quel Pachistan che, via servizi segreti al dio sotto di ogni sospetto, è forse, insieme all’Arabia Saudita, il maggiore responsabile del terrorismo internazionale.

George W. Bush, Hank Paulson e Bernspan faranno davvero il possibile e l’impossibile nelle poche settimane che gli restano nelle rispettive posizioni per potere scrivere a lettere cubitali: mission accomplished!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.