giovedì 4 dicembre 2008

Le concessioni del maggior sindacato del settore automobilistico e il nuovo piano di rinegoziazione dei mutui danno speranze al mercato azionario!


Lo sforzo dei tre Chief Executive Officer di General Motors, Ford e Chrysler nel presentare piani industriali ben più credibili dei depliants patinati che avevano offerto al Congresso per strappare finanziamenti pronto cassa per 25 miliardi di dollari ha, per il momento, convinto il maggior sindacato del settore, l’UAW, a fare concessioni molto significative giustificate dal molto concreto timore di dover fare i conti con il possibile default dei tre Big di Detroit, con conseguenze drammatiche per i lavoratori direttamente alle dipendenze della case automobilistiche e per lo sterminato numero di addetti all’indotto inteso in senso lato.

Ovviamente, la maggiore analiticità dei piani, le previste alienazioni di partecipazioni, fino ai gesti simbolici sulle remunerazioni ed i benefit dei top managers sono stati accompagnati da un deciso innalzamento del conto da presentare ai già molto depressi contribuenti americani, giunto a 34 miliardi di dollari complessivi, ma rappresentano, allo stesso tempo, una risposta non solo alle obiezioni dei parlamentari a stelle e strisce, ma anche la prima replica pressoché in diretta alle migliaia di iniziative presenti sul web, mediante le quali comuni cittadini hanno avuto la possibilità di dire la loro sull’opportunità o meno di salvare i tre colossi automobilisti e, soprattutto, a quali condizioni.

Per la prima volta nella non lunghissima storia del web, ci si sta accorgendo che il popolo di internet può influenzare efficacemente l’esito della più aspra competine per le presidenziali mai vista negli Stati Uniti d’America, confutare le ricostruzioni ufficiali amplificate dai media più o meno embedded alle logiche del potere politico ed economico, intervenire anche su questioni molto controverse quali, appunto, il salvataggio dell’intera industria automobilistica statunitense, la possibilità di rinegoziare i mutui, l’efficacia dei provvedimenti assunti dal presidente e dal Congresso e via discorrendo!

Molto probabilmente, la tempesta perfetta oramai in corso da diciassette mesi ha contribuito a questo dilagante fenomeno di socializzazione, un fenomeno che non è tanto inteso a gratificare l’ego dei bloggers o di coloro che prendono parte ai sempre più numerosi forum tematici, ma rappresenta forse la versione della democrazia nel terzo millennio e che stupisce abbia preso il via nella nazione che più ha favorito l’isolamento degli individui, nonché ‘imposto’ uno stile di vita realmente dissennato e quasi provocatoriamente consumistico, come ama ripetere nei suoi infuocati sermoni il reverendo Jenkins, un uomo che organizza, ad esempio, corsi per la rieducazione finanziaria e la distruzione in diretta televisiva delle micidiali carte di credito revolving possedute dai suoi fedeli pentiti ed alquanto dissanguati dagli altissimi interessi che erano chiamati a pagare.per la loro dipendenza dal credito al consumo nelle sue più varie forme ed aspetti.

Ma, se sono vere le ricostruzioni delle attentissime agenzie di stampa statunitensi che citano fonti governative, sono allo studio nuovi provvedimenti volti alla rinegoziazione dei mutui attraverso le nazionalizzate Fannie Mae e Freddie Mac, le due entità che garantiscono quasi la metà dell’immenso mercato del mortgage a stelle e strisce e che sono sempre più chiamate ad acquistare titoli della finanza strutturata che hanno come collaterale mutui residenziali per potere allargare efficacemente l’area delle possibili rinegoziazione che sono basate su un tasso massimo del 4,5 per cento e da precisi limiti alla quota di reddito disponibile familiare che può essere assorbita dalla relativa spesa per il mutuo stesso.

Se la notizia rispondesse al vero, ma è già vera per i mutui direttamente erogati non solo da Fannie e Freddie, ma anche da quelli erogati dalle banche nelle quali il Tesoro e la Federal Deposit Insurance Corporation sono pesantemente intervenuti, da IndyMac a Citigroup, questo vorrebbe dire che sta crescendo a Washington e dintorni la consapevolezza che l’unico modo per uscire dalla più grande crisi di fiducia mai vista dalla fine del secondo conflitto mondiale consiste proprio nell’aggredire coraggiosamente le cause della stessa, smantellando pazientemente il lavoro degli apprendisti stregoni addetti alle gigantesche fabbriche prodotto delle ex Investment Banks e delle divisioni di Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali.

E’ questa nuova consapevolezza che mi sta rendendo relativamente più ottimista sulle possibilità di uscita in prospettiva degli Stati Uniti d’America dalla drammatica situazione attuale, così come credo che il tanto blaterare sul sistema finanziario internazionale prossimo venturo dovrà tenere conto di quanto sta avvenendo al di là dell’Oceano Atlantico, piuttosto che essere affidato a quelli che un ministro dell’economia ha definito molto efficacemente i topi posti a guardia del formaggio e, cioè, i rappresentanti delle banche centrali nell’organismo denominato un po’ sinistramente Financial Stability Forum, attualmente presieduto dal Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi.

Nel ribollio di iniziative statunitensi ed in quel laboratorio che è oramai divenuto il governo di Sua Maestà britannica stanno forse le prime risposte efficaci al meltown della finanza mondiale, ma il problema sta nelle iniziative non coordinate assunte dai vari governi europei, mentre poco si sa di quello che sta avvenendo in Estremo Oriente, in particolare in Cina e Giappone, la prima ancora dominato dal Partito Comunista Cinese, mentre il secondo convive dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso con i problemi nei quali da meno di un anno e mezzo sono piombate le economie degli altri paesi del pianeta.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.