giovedì 11 dicembre 2008

Paul Volker si appresta a diventare il nuovo Zar dell'auto a stelle e strisce!


Nella continua negoziazione in corso tra il presidente uscente ed i leaders democratici al Congresso sulla spinosa ed impopolare questione del salvataggio del settore automobilistico a stelle e strisce si sarebbe finalmente giunti ad una serie di punti fermi che sono rappresentati dall’ulteriore riduzione della somma prevista da 15 a 14 miliardi di dollari, dalla concentrazione dell’intervento alle sole General Motors e Chrysler, dalla forma dell’intervento che si tradurrebbe nell’acquisizione della maggioranza azionaria di entrambe le case automobilistiche e, the last but not the least, nell’attribuzione dei pieni poteri sulle due società a Paul Volker, l’ex presidente della Federal Reserve di recente nominato dal presidente eletto, Barack Obama, a capo della task force incaricata di contrastare gli effetti della tempesta perfetta entrata nel suo diciannovesimo mese di vita.

Ebbene, di tutte queste misure, quella certamente più importante e simbolica è proprio l’attribuzione del ruolo di Zar con poteri di vita e di morte su due delle maggiori case automobilistiche americane all’anziano oppositore della politica monetaria di Bernspan e del suo Maestro Alan Greenspan, l’uomo che porta forse le maggiori responsabilità del meltdown della finanza più o meno strutturata che stiamo vivendo e che, nei suoi diciannove anni alla guida della Fed sotto ben quattro presidenti di diverso colore politico ha consentito che la miscela esplosiva rappresentata dai concomitanti fenomeni della finanziarizzazione, della globalizzazione e della deregolamentazione selvaggia portassero il mercato finanziario globale al massimo grado di impazzimento, trasformandolo in quello che è quasi un eufemismo definire un immenso casinò a cielo aperto.

Sospettare il fondatore della Commissione trilaterale, una delle creature di Rockfeller insieme al National Council for Foreign Resarch, poi trasformatosi nel misteriosissimo gruppo Bildberg, di simpatie per il cosiddetto capitalismo di Stato rappresenta una bestemmia che può allignare solo nelle contorte ed alquanto perverse menti dei congressisti repubblicani, donne e uomini che si ostinano a predicare il verbo del più mercato e meno Stato anche di fronte allo sfacelo attuale e dopo aver visto il trio Bush-Paulson-Bernspan nazionalizzare di fila Fannie Mae, Freddie Mac, AIG (il cui nuovo presidente ha dichiarato proprio ieri: io speriamo che me la cavo), trasformata Citigroup ed una serie di altre banche di varia dimensione in bracci armati del Tesoro, portato il debito pubblico tendenziale 2009 in vista, se non oltre, i 16 mila miliardi di dollari ed il deficit per lo stesso anno ad una voragine cifrabile tra i 750 ed i 1.000 miliardi di dollari!

Si sa che l’ideologia mercatista e neoliberista è dura a morire, ma credo proprio che quel pugno di neocon abbarbicato ai propri scranni nella Camera dei Rappresentanti e nelle aule di Capitol Hill stiano finendo per assomigliare molto a quei drappelli di giapponesi che hanno continuato ad essere in guerra in atolli del Pacifico per molti decenni dopo la fine delle ostilità nel secondo conflitto mondiale, con la non piccola differenza che quelli non avevano una radio che consentisse loro di ascoltare in diretta il drammatico discorso di resa del loro imperatore, costretto drammaticamente ascendere dal suo trono divino per accettare la dura realtà degli eventi, un manipolo di sostenitori dello Stato minimo che, dopo aver tentato in ogni modo di affossare il mega piano di salvataggio di Wall Street, si preparano ora alla loro ultima battaglia contro il presunto piano di socialismo di Stato portato avanti dal loro per fortuna fra poco ex presidente, dall’ex numero uno di Goldman Sachs e dal mite professore di Princeton tragicamente trasformatosi in una sorta di macchietta di Greenspan, con l’aggravante di non sapere nemmeno suonare il clarinetto.

Credo proprio che nei prossimi giorni e nelle prossime settimane questa tragedia trasformatasi in farsa si protrarrà, tra imboscate parlamentari e discorsi roboanti rivolti ad un elettorato che ha voltato loro irrimediabilmente le spalle nel corso dell’ultimo e recente Election Day, spedendo a casa molti di loro che continuano a legiferare solo in virtù della estrema lunghezza del processo di transizione da un’amministrazione alla altra prevista dalla Costituzione degli Stati Uniti d’America, lungaggine mutuata anche nel passaggio di consegne tra i parlamentari vecchi e nuovi, nonché l’esilarante percorso che porterà ad individuare i sostituti al Senato di Obama, Biden e della riscattata Hillary Clinton.

Nel frattempo, i titoli delle maggiori banche statunitensi hanno vissuto ieri la seconda giornata di passione, segnando cali che, seppur non vistosissimi, replicano quelli della seduta precedente ed interrompono quel mini rimbalzo che tanti entusiasmi aveva acceso tra i commentatori eternamente embedded alle truppe corazzate dal capitalismo finanziario più o meno globale, mentre gli azionisti della General Motors stanno sempre più adattandosi a vedere il valore delle loro azioni polverizzarsi irrimediabilmente nelle loro mani dopo la diluizione legata al maxi intervento statale, ben consci che per rivedere livelli decenti del valore delle loro azioni dovranno aspettare un congruo numero di anni.

Sempre ieri, un sondaggio effettuato tra un campione molto rappresentativo dei maggiori Chief Executive Officer statunitensi è emerso che, per la stragrande maggioranza di questi capi d’azienda, la recessione proseguirà almeno per un altro anno, anche se molti di dolo considerano più realistica la previsione degli analisti della ancora potente e sempre preveggente Goldman Sachs che vedono la crisi delle banche durare almeno un anno e mezzo, mentre non si pronunciano su quella dell’economia reale che dovrebbe protrarsi molto, ma molto più a lungo, colpendo, tuttavia, in modo più feroce all’estero che negli Stati Uniti d’America.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.