sabato 31 gennaio 2009

Il crollo del PIL a stelle strisce e il meltdown finanziario dettano la vera agenda di Davos!


Per avere un’idea del clima psicologico imperante sul mercato finanziario statunitense, vera costola essenziale del mercato finanziario globale, basta osservare il vero e proprio sospiro di sollievo tirato da analisti, operatori e investitori, quando le agenzie hanno battuto il primo lancio sul dato provvisorio sull’andamento del prodotto interno lordo nel quarto trimestre dell’orribile 2008 e che segnalava un calo del 3,8 per cento che si poneva molto al di sotto delle previsioni di consensus degli analisti che prevedevano un calo del 5,5 per cento, un dato medio che vedeva anche qualcuno che azzardava un crollo cifrabile al 6,5 per cento.

Per esperienza personale, ho sempre diffidato del primo take di agenzia, in realtà poco più di una headline scevra di quegli essenziali dettagli che consentono una lettura più attenta del dato, ma so altrettanto bene quanto gli operatori che ti siedono accanto vogliono solo sapere l’impatto immediato di quel titolo lampeggiante sulle valute, sui titoli di stato e su quelli azionari, che, ovviamente, prenderanno strade diverse tra di loro in base a valutazioni che hai sì e no qualche secondo per elaborare e comunicare ai tuoi febbricitanti compagni di viaggio.

Immagino che questa scena si sia ripetuta ieri nelle sale operative di tutto il mondo e che la sintesi degli economisti di sala sia stata di acquistare azioni, vendere Treasury Bonds e andare lunghi di dollari contro le principali valute convertibili, il che è puntualmente avvenuto immediatamente dopo il rilascio della notizia, in una sorta di euforia e follia collettiva che si è infranta presto quando è stato possibile analizzare più in dettaglio l’andamento delle singole componenti che consentivano agli addetti ai lavori di rendersi conto che c’era ben poco da festeggiare, in quanto solo un imprevisto e considerevole incremento delle scorte e un più che prevedibile incremento della spesa pubblica avevano fatto sì che il calo non fosse delle dimensioni previste, il che getta una luce alquanto inquietante sulle due prossime riletture del dato che verranno rilasciate nei prossimi due mesi.

Scusandomi in anticipo per la premessa, credo che, al di là della provvisorietà dei dati, vada segnalato il secondo calo consecutivo della spesa per consumi, che, con il -3,5 per cento, si pone di un soffio al di sotto di quella segnalata nel terzo trimestre e il vero e proprio crollo degli investimenti privati, ridottisi di più di un quinto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, due dati che la dicono lunga sul più che depresso clima che ha accomunato, nella seconda metà del 2008, i consumatori e gli imprenditori americani, due aggregati di persone che si influenzano a vicenda, a meno di fare un balzo indietro di almeno due secoli e tornare alla bizzarra teoria che vede l’offerta creare la propria domanda, una teoria applicabile solo quando un’efficace campagna pubblicitaria riesce a creare nei consumatori il fremente desiderio per un nuovo prodotto/servizio o per l’accorto rifacimento e riconfezionamento di un prodotto già esistente.

Sono bastate poche ore per rendere note anche all’ultimo degli operatori queste valutazioni più meditate degli analisti e questo ha prodotto una netta inversione dei tre principali indici azionari che hanno poi chiuso con un calo medio del 2 per cento e che, con riferimento al Dow Jones Industrials e allo S&P’s 500, chiudono il mese di gennaio in calo, rispettivamente, dell’8,84 e del 8,57 per cento, mentre credo che non vada assolutamente sottovalutato il netto calo registrato nello stesso lasso di tempo dai corsi dei Treasury Bonds che, nella scadenza decennale, si sono portati da livelli di rendimento di poco superiori al 2 per cento a livelli appena inferiori alla soglia del 3 per cento.

D’altra parte, non può essere sottovalutato l’impatto che avranno sui titoli del Tesoro americano i mostruosi fabbisogni legati alle decisioni assunte nel corso del 2008, dai 700 miliardi di dollari previsti dal TARP alle migliaia di miliardi di dollari impiegati dal sistema della riserva federale per impedire il fallimento delle grandi banche a stelle e strisce e delle banche globali ivi operanti, cui si aggiungeranno gli 819 miliardi previsti dal Piano Obama e mentre vi è molta attesa per capire meglio le reali intenzioni della Repubblica Popolare Cinese e degli altri grandi detentori di titoli pubblici statunitensi che potrebbero, vuoi per necessità interne, vuoi per ritorsioni contro eventuali mosse protezionistiche, venire riversati su un mercato già affollato dalle nuove richieste del Tesoro USA e dei maggiori paesi dell’Unione Europea che si preparano a maxi emissioni a fronte dei piani di salvataggio dei rispettivi sistemi finanziari e ai piani di stimolo dei loro sistemi industriali per complessivi 2-3 mila miliardi di euro.

E’ anche per questo che non vi è mai stata tanta attenzione a quanto sta avvenendo tra le nevi di Davos, in quell’Economic Forum dove si stanno dibattendo, per lo più nel corso di incontri bilaterali molto, ma molto riservati, buona parte delle misure che verranno poi ufficialmente decise nel G20 previsto per la metà di aprile, dall’istituzione della bad bank, al nuovo sistema di regole cui dovranno sottostare i principali protagonisti del mercato finanziario globale, dalla riforma delle agenzie di rating ai nuovi poteri previsti per i regolatori, banche centrali in testa.

Ho letto con piacere la dichiarazione del numero uno cinese, Wen Jiabao, che ha sostenuto che un piano efficace per uscire dalla crisi finanziaria in corso da oltre diciotto mesi prevede un’analisi corretta delle vere cause della tempesta perfetta (l’ha definita proprio così), una tesi che sostengo sin dal 4 settembre del 2007, la data in cui è apparso su vari siti e su un quotidiano on line il primo articolo che ha dato il via al Diario della crisi finanziaria che è oramai giunto alla cinquecentesima puntata e che, dal mese di novembre del 2007, ho trasferito in questo blog, un’avventura editoriale che ha cambiato la mia vita e che spero possa essere stata di ausilio ai miei lettori per orientarsi meglio tra gli alti marosi della tempesta perfetta!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .