venerdì 9 gennaio 2009

Il J'accuse di Obama, la nazionalizzazione di Commerzbank e il taglio della BoE danno il segno del livello raggiunto dalla tempesta perfetta!


Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio sulle caratteristiche dirompenti della tempesta perfetta che compie oggi il suo diciassettesimo mese di vita, credo proprio che quanto è avvenuto ieri negli Stati Uniti d’America, in Germania e in Gran Bretagna possa servire a fugarglielo definitivamente.

Avendo già parlato degli aspetti generali della lunga esternazione del presidente eletto, Barack Obama, vorrei solo sottolineare la parte riguardante quella che lui definisce apertamente l’irresponsabilità messa in mostra in questi anni dai principali protagonisti dell’economia e della finanza, nonché dei politici e dei regolatori che hanno girato decisamente la testa dall’altra parte, considerazioni in parte già svolte da altri importanti leaders del G7, ma che assumono un senso ben diverso quando a farle è il prossimo inquilino della Casa Bianca!

Dalla Germania, invece, giunge la fragorosa notizia dell’intervento massiccio dello Stato nella Commerzbank, che lo ricordo ai più distratti ha da poco acquisito da Allianz la Dresdner Bank, l’intervento è nell’ordine dei 10 miliardi di euro e porterà la signora Merkel ad essere, e di gran lunga, il primo azionista della banca con una quota del 25 per cento del capitale sociale.

Non si tratta della prima, né certamente sarà l’ultima banca europea a essere destinataria di intervento statale, ma quello che vi è di nuovo è dato dalle parole che Frau Merkel ha pronunciato annunciando l’intervento e che potrebbero essere riassunte in un tardivo quanto salutare ravvedimento sulla via di Parigi e di Londra, in quanto con la decisione di ieri la cancelliera si allinea decisamente alla linea di Sarkozy e di Brown, abbandonando l’idea che la Germania possa agire in solitudine e non sfruttare le possibili sinergie offerte dal mega stanziamento da 1.500 miliardi di euro deciso dai tre paesi dell’Unione Europea.

Sulla repentina conversione della Merkel hanno certamente pesato l’aumento dei disoccupati tedeschi e il forte calo delle esportazioni, che sinora avevano alquanto miracolosamente retto agli alti marosi della tempesta perfetta e al rallentamento delle economie degli altri paesi maggiormente industrializzati, ma certamente non è stato ininfluente il pressing, anche psicologico, effettuato dal decisionista presidente della repubblica francese e le forti pressioni provenienti dal gotha dell’industria e della finanza in lutto per la morte per suicidio di uno dei suoi massimi esponenti, nonché fino a pochi mesi fa il novantaquattresimo uomo più ricco del pianeta.

Ma a colpire l’immaginario collettivo è, infine, giunta la notizia che la Bank of England ha portato, per la prima volta dalla sua costituzione nel 1694, il suo tasso di riferimento all’1,50 per cento, con un taglio di 50 punti di base che lo porta a essere di un punto più basso del tasso praticato dalla Banca Centrale Europea, anche se ancora molto superiore ai tassi ‘zero’ praticati dalla Federal Reserve e dalla Bank of Japan, ma comunque una mossa che spingerà ancor più decisamente la sterlina verso la parità con l’euro che è condizione necessaria, seppur non sufficiente, per quel possibile ingresso della storica valuta britannica nella valuta unica europea, il che avrebbe certamente l’effetto di vincere le ultime resistenze svedesi e danesi a compiere un passo analogo che porterebbe a venti il numero dei paesi dell’Unione Europea aderenti.

Tutte queste notizie dimostrano che la pausa di cinque mesi decisa dai paesi del G20 nell’apparentemente inutile vertice di metà ottobre non significa assolutamente che i governi e le banche centrali se ne stiano con le mani in mano, anche perché le urgenze dettate dall’evoluzione della crisi finanziaria e dai contraccolpi sempre più decisi che sta subendo l’economia reale non consentono assolutamente di restare fermi e inoperosi dopo aver stanziato già 10 mila miliardi di dollari, cifra destinata a lievitare di un buon 50 per cento nei prossimi mesi.

Le recenti dichiarazioni sulla possibilità di prevedere una moratoria sui titoli più o meno tossici della finanza strutturata provenienti dal per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, d’altra parte, rappresentano un’ulteriore indicazione in questo senso, mentre non di minore rilievo sono le missive che sta inviando ai responsabili delle principali fondazioni bancarie per sollecitare chiarimenti sulla abnorme entità delle quote dei rispettivi patrimoni impegnati nei principali gruppi creditizi italiani, missive che stanno letteralmente togliendo il sonno a Mancini, Biasi, Palenzona e compagnia cantante.
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In merito alla recente colazione avvenuta nella foresteria di Unicredit Group tra Alessandro Profumo e l'anziano banchiere di Marino, Cesare Geronzi, nonché alle smentite ufficiali provenienti, su esplicita richiesta della Consob, da Mediobanca e da Unicredit, mi permetto sommessamente di formulare alcune considerazioni che riguardano, in primo luogo, l'identità dell'autore dell'articolo del Sole 24 Ore di martedì scorso da cui è nato il caso e che risponde al nome di Alessandro Graziani, uno che in Unicredit è di casa e che non si è mai distinto per articoli sgradevoli o dgraditi sul gruppo in questione, mentre non credo sia superfluo ricordare come la questione dell'eventuale matrimonio e i relativi accordi sulle cariche al vertice dell'entità risultante siano esclusivo appannaggio dei soci di riferimento delle due banche in questione nelle riunioni che decideranno di avere tra di loro, come peraltro già faranno il 14 di questo mese le fondazioni azioniste di Unicredit!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.