mercoledì 7 gennaio 2009

Mediobanca e Unicredit Group promessi sposi?


Come è oramai noto anche ai più distratti, sono in corso grandi manovre ai piani alti delle banche italiane, con particolare riferimento ai primi sette gruppi che da soli fanno la parte del leone nel sistema bancario italiano, con Unicredit Group e Intesa-San Paolo largamente al di sopra delle dirette inseguitrici, quali il Monte dei Paschi di Siena, che ancora non riesce a riprendersi dall’indigesto e costosissimo boccone di Antonveneta, il Banco Popolare, perennemente aggravato da Italease, la Banca Popolare di Milano reduce da forti innovazioni alla governance e Ubi Banca che resta ancora una riccha banca regionale con qualche propaggine nel resto dell’Italia.

L’uscita repentina di Fabio Innocenzi, giovane amministratore delegato, dal Banco Popolare, quella ancor più misteriosa di Auletta Armenise da Ubi Banca, nella quale ricopriva la stessa carica di Innocenzi, la brusca estromissione di Pietro Modiano da Intesa-San Paolo, il cambio della guardia alla direzione generale della Popolare di Milano avvenuta mentre era ancora in corso l’ispezione della Banca d’Italia, sono tutti avvenimenti che stanno a indicare un malessere di fondo degli azionisti di riferimento rispetto alla drammatica caduta di valore delle azioni dei rispettivi gruppi, nonché delle declinanti performance reddituali che, trimestre dopo trimestre, stanno giungendo, almeno in alcuni casi, a sfiorare il rosso, a malapena salvate dalle innovazioni in materia di bilancio decise dal G20 di ottobre e prontamente recepite dalle autorità competenti con effetto retroattivo ai risultati del terzo trimestre.

Tutti questi avvicendamenti al vertice dei grandi gruppi bancari sono, almeno per il momento, avvenuti richiamando in servizio banchieri della vecchia scuola, come Piergiorgio Saviotti, un tempo amministratore delegato della Banca Commerciale Italiana, o promuovendo dirigenti un po’ attempati ma certamente non particolarmente versati nell’investment banking, il che, di questi tempi, rappresenta già una garanzia per i decision makers delle fondazioni bancarie azioniste di riferimento di buona parte dei primi sette gruppi e che vedono con vero terrore la prospettiva di non vedere dividendi non solo con riferimento al 2008, ma anche per l’esercizio da poco in corso, con l’aggravante, per molti di loro, di dover immobilizzare parti significative del patrimonio disponibile per far fronte ai sempre più necessari aumenti di capitale.

Il problema vero, tuttavia, è che, a parte il defenestramento di Modiano in larga parte legato alla necessità di fare maggiore spazio per l’altro direttore generale, Francesco Micheli, nulla di significativo è ancora avvenuto ai piani alti dei primi due gruppi creditizi italiani, gli unici peraltro a disporre di una significativa proiezione estera e di una non marginale presenza nell’investment banking, Unicredit Group e Intesa-San Paolo, pur in presenza di un moltiplicarsi delle voci relative alla crescente insofferenza dei vertici delle rispettive fondazioni proprietarie nei confronti degli attuali condottieri ed ex enfante prodige della finanza italiana e che rispondono ai nomi di Alessandro Profumo e Corrado Passera, due che, guarda caso, dopo essere stati accreditati per anni di un rapporto non proprio idilliaco, da mesi si sostengono a vicenda nelle sempre più frequenti esternazioni pubbliche.
Non so quanto risponda al vero il vecchio progetto attribuito al presidente della fondazione Cariverona di effettuare un cambio della guardia che avrebbe visto il giovane Matteo Arpe al posto di Profumo, anche perché è certo che la repentina entrata a gamba tesa del braccio finanziario del Colonnello Gheddafi, sin dai tempi di Capitalia in cordiali rapporti con Cesare Geronzi, ha reso del tutto impraticabile un’eventualità del genere, ma è certo che la prospettiva di sborsare altri 500 milioni di euro per l’aumento di capitale appena autorizzato dalla Banca d’Italia, la prospettiva certa di restare senza dividendo in primavera e forse anche la primavera del prossimo anno, la quotazione del titolo che è giunto a perdere sino all’80,5 per cento rispetto ai massimi toccati all’epoca della repentina acquisizione di Capitalia, nonché l’aumento ‘forzoso’ della quota in Mediobanca, sono tutti elementi che devono aver convinto Paolo Biasi che era necessario rompere gli indugi e a spingere verso l’accasamento delle due entità nelle quali è immobilizzato la maggior parte del pur ricco patrimonio della ‘sua’ fondazione.

Se l’indiscrezione che circola in questi giorni sui siti specializzati, e da ieri anche su Il Sole 24 Ore dovesse, al di là della smentita ufficiale pervenuta da Piazza Cordusio, corrispondere al vero, assisteremmo al matrimonio del secolo, in quanto Mediobanca, seppur da tempo orfana di Enrico Cuccia e del suo delfino Maranghi, continua a essere qualcosa di più di una banca, rappresentando indubbiamente un crocevia degli interessi industriali e finanziari italiani, nonché, per la significativa presenza di Berlusconi e di suoi amici fidati, anche degli interessi politici di quel partito del Nord che sta facendo la parte del leone negli affari e che mira a ottenere un controllo più diretto sullo snodo essenziale rappresentato dalla erogazione del credito, uno snodo che è più facile da controllare di quanto si possa pensare, sfruttando a proprio vantaggio gli effetti disastrosi degli alti marosi della tempesta perfetta in corso!

Non vi è, inoltre, dubbio che, anche alla luce del principio che le azioni si pesano e non si contano, l’attribuzione delle poltrone del nuovo gruppo vedrebbe Piazzetta Cuccia fare l’en plein, con la nomina dell’anziano banchiere di Marino, al secolo Cesare Geronzi, a presidente del consiglio di amministrazione e quella di amministratore delegato ad Alberto Nagel, mentre non verrebbe di certo negata la vicepresidenza a Paolo Biasi o a persona da questi indicata.

Come dicevo all’inizio, non ho alcun elemento per valutare l’attendibilità di questa ipotesi, ma è certo che il mercato sembra darle credito, spingendo l’azione di Unicredit Group verso quella soglia di 2 euro che era stata tristemente abbandonata da mesi.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.