martedì 6 gennaio 2009

Se il diavolo non ci mette la coda, sarà proprio Air France a vincere la partita di Alitalia!


Non sono assolutamente titolato per esprimere un’opinione su quanto afferma padre Amorth decano degli esorcisti autorizzati dal Vaticano in merito alla responsabilità ultima del Demonio non nella triste vicenda che ha riguardato l’Alitalia, ma anche nella genesi della tempesta perfetta in corso sui mercati finanziari di tutto il mondo, in quanto, secondo il massimo esperto delle cose riguardanti il principe delle tenebre, sarebbe proprio Belzebù in persona a indurre in errore sia quanti offrono, sia quanti sottoscrivono titoli della finanza più o meno strutturata.

L’osservazione dell’esorcista mi ha comunque colpito perché, come ricordano oggi i giornali, una frase molto simile fu pronunciata dall’allora presidente della compagnia di bandiera italiana, Maurizio Prato, quando si rese conto che l’opposizione del presidente di una squadra di calcio che ha proprio il diavolo nel suo stemma e quella dei nove sindacati presenti in Alitalia, stavano per mandare all’aria l’unica offerta presentata per il tecnicamente fallito vettore italiano, un’offerta che ho positivamente commentato in un’apposita puntata del Diario della crisi finanziaria, forse quella più letta di tutte quelle che ho pubblicato, anche perché venne ripresa, oltre che dal sito della UILCA, da Rosso di Sera e da Flipnews, anche da un numero veramente elevato di altri siti.

Purtroppo, come tutti ben sanno, il povero Prato fu decisamente profeta in patria, in quanto Air France, capita l’antifona, ritirò l’offerta, mentre la famosa cordata di capitalisti coraggiosi si materializzò non in poche settimane come promesso da Berlusconi, ma lo fece solo molti mesi dopo e solo dopo che venne deciso dal presidente del Milan, nel frattempo divenuto capo del governo, che la maggior parte dei debiti sarebbe stata attribuita ai soliti contribuenti, mentre le attività ed un numero pressappoco pari alla metà dei dipendenti di Alitalia sarebbero andate alla cordata capitanata da Colaninno per soli 1.052 milioni di euro, anzi veniva aggiunta per soprammercato Air One e la moratoria triennale delle regole antitrust sui voli nazionali in precedenza effettuati per oltre l’ottanta per cento, ma in regime di concorrenza, da Alitalia e dalla stessa Air One.

Non credo proprio che la vicenda verrà studiata nelle scuole di management di tutto il mondo, se non per presentare un case study applicato a una repubblica delle banane, anche se credo che è solo da pochi giorni che qualche commentatore osa dire che l’unica vera differenza tra l’offerta di Air France e quella della CAI consiste nel fatto che la prima avrebbe mandato Air One dritta, dritta al fallimento, mentre Colaninno & Company se la sono accollata a un prezzo che, come ricordava recentemente Tito Boeri, è largamente sovrastimato, risolvendo così un problema a quel Corrado Passera che ha giocato le classiche due parti in questa commedia, in quanto da un lato era, ed è, Chief Executive Officer di Intesa-San Paolo, la banca più esposta con Air One, mentre dall’altro fungeva, su mandato del Governo Berlusconi, da advisor per la vendita di Alitalia.

Ma il bello non finisce qui, in quanto i nuovi capitani coraggiosi del capitalismo italiano non solo avranno in cambio del loro ‘generoso impegno’ un occhio di riguardo quando si tratterà di decidere interventi governativi relativi ai rispettivi campi di interesse (autostrade, costruzioni, compagnie di navigazione, siderurgia e chi più ne ha ne metta), ma hanno anche fatto una grande scoperta, anzi due.

La prima è stata quella che il partner ideale corrisponde proprio alla tanto vituperata.Air France che ottiene con soli 300 milioni di euro di divenire l’azionista di riferimento e il partner industriale della nuova Alitalia, ma che anche il piano industriale del suo fra breve ex amministratore delegato, Spinetta, quello per intenderci che declassava Malpensa da hub a normale aeroporto, è di gran lunga da preferire a quello presentato successivamente da Corrado Passera, una scelta che farà pure infuriare Bossi, Formigoni e Letizia Moratti e l’intero partito bipartisan del Nord, ma che in fondo appare come l’unica scelta logica da fare, visto che il vero hub di Air France è ubicato a Parigi, mentre Fiumicino appare più utile non fosse altro che per motivi squisitamente geografici.

In un paese normale, la stampa si sarebbe gettata a pesce su una storia così gustosa, anche perché le ragioni, si fa per dire, della strenua e plateale opposizione di Silvio Berlusconi all’unica e, come i fatti successivi hanno ben dimostrato, generosissima offerta di Air France per acquistare il cento per cento di Alitalia erano la sopravvivenza di una compagnia di bandiera, il ripristino della centralità di Malpensa e una maggiore salvaguardia dei livelli occupazionali, per poi scoprire che dei tre obiettivi non ne è stato conseguito nemmeno uno!

Non per dare ragione a padre Amorth, ma devo riconoscere che uno dei motivi che hanno fatto propendere Colaninno Sr. per la scelta in favore di Air France è dato proprio dal fatto che il Diavolo fa le pentole ma difficilmente fa i coperchi, in questo caso rappresentato, il coperchio, dal fatto che le centinaia di milioni di euro da corrispondere ad Air France nel caso si fosse scelta Lufthansa sarebbero ricaduti sulla nuova Alitalia e non sulla gestione commissariale di Augusto Fantozzi, per il semplicissimo motivi che si sarebbe trattato di una scelta successiva al passaggio delle consegne avvenuto in pompa magna nel mese di dicembre del 2008.

Certo, non per dare nuovamente ragione al principe degli esorcisti, non è escluso che il Diavolo in extremis ci metta la coda, costringendo, per motivi di opportunità politica, Colaninno e soci a pagare Air France e accasarsi con Lufthansa!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.