venerdì 8 maggio 2009

Tutti gli uomini del Presidente!


Consiglio a tutti i miei lettori di procurarsi il testo della traduzione italiana della lunga intervista sulla finanza e le banche rilasciata da Barack Obama a David Leonhardt e apparsa ieri sul quotidiano La Repubblica, un’intervista sufficientemente serrata e, almeno apparentemente, non del tutto ‘sdraiata’ sulle esigenze della nuova amministrazione statunitense e/o su quella delle alquanto disastrate banche a stelle e strisce.

A giudicare dal tenore delle risposte, Obama ha sicuramente fatto i compiti e lo dimostra entrando efficacemente nel cuore dei problemi posti dalla tempesta perfetta, una crisi finanziaria di profondità e durata mai viste e che ha accompagnato tutta la sua campagna elettorale, lo ha certamente aiutato a sbaragliare la sua fortissima antagonista alle primarie del partito democratico, ha favorito la sua netta vittoria nell’Election Day, lo ha angosciato nella lunghissima fase di transizione e lo ha mosso nella scelta degli uomini chiave dell’amministrazione sia al Tesoro che nel nutrito gruppo di consulenti esperti in materia economica e finanziaria.

Avendo scritto diverse puntate del Diario della crisi finanziaria sull’influenza che un nutrito gruppo di uomini di affari del tutto bipartisan ha avuto nella durissima fase delle primarie, puntando sul pressoché sconosciuto e giovane avvocato di Chicago, piuttosto che sulla conosciuta, coriacea ed esperta Hillary Clinton, non posso che prendere atto con malcelata soddisfazione delle conferme che vengono in questa intervista dallo stesso Obama, che cerca di spiegare la scelta di Timothy Geithner al Tesoro e di Larry Summers a capo dei consiglieri economici, chiarendo che non aveva a disposizione un know how diverso da quello costruito dal ministro del Tesoro di Clinton, Robert Rubin, che di Geithner e Summers è stato a lungo il maestro indiscusso, al punto da lasciare a Summers la poltrona di ministro per assumere una sinecura da 60 milioni di dollari annui in Citigroup!

Se molti fanno risalire correttamente la deregolamentazione selvaggia nel settore finanziario alla rivoluzione reaganiana, non vi è dubbio che gli otto anni di presidenza Clinton e le innovazioni introdotte da Rubin prima e da Summers poi sono state molto significative, permettendo, ad esempio, la fine della netta demarcazione esistente a partire dagli anni Trenta tra l’attività di investment banking e quella delle banche commerciali, un’innovazione salutata con estremo favore dai banchieri americani e che ha visto una commistione di attività che avrebbe fatto inorridire il compianto presidente della Banca Commerciale Italiana, Raffaele Mattioli, l’uomo che coniò le immaginifiche espressioni che fanno effetto ancora oggi, quali frattellanza siamese e intreccio morganatico, un’innovazione che non è sbagliato considerare come il venire meno di una efficace diga che ha consentito di evitare sfracelli nel settore finanziario per oltre sessanta anni.

Non stupisce affatto, quindi, che il giovane nuovo inquilino della Casa Bianca rivendichi il modello della banca universale, chiarendo sin dall’inizio dell’intervista che tale modello è oramai invalso in tutto il mondo e che i correttivi che andranno proposti e possibilmente attuati non devono e non possono andare in direzione dell’edificazione di nuovi steccati tra le due attività, anche perché, tra l’altro, le due sopravvissute del mitico gruppo delle Big Five dell’investment banking, la potente e ancor più preveggente Goldman Sachs e la comprimaria Morgan Stanley, hanno chiesto e ottenuto di trasformarsi in holding bancarie soggette al controllo del sistema della riserva federale e destinatarie di aiuti pubblici previsti dal TARP, il gigantesco piano di salvataggio del sistema bancario statunitense fortemente voluto dall’ex (?) investment banker e allora ministro del Tesoro, Hank Paulson.

Sgombrato rapidamente il campo, ostruito da questo ‘spiacevole equivoco’ che lo voleva come restauratore di steccati tra le attività wholesale e retail, il giovane presidente ha buon gioco a ricordare che una ristrutturazione alquanto drastica dell’industria finanziaria con relativa concentrazione su un numero limitato di soggetti di parte rilevante delle spoglie di entità importanti quali Merrill Lynch, Bear Stearns, Countrywide, Washington Mutual, Wachovia Bank, cosa che non è stata proprio possibile, e Obama forse se ne dispiace, nel caso di Lehman Brothers, lasciata miseramente e alquanto inopinatamente fallire, un processo di concentrazione che potrebbe anche finire qui, soprattutto ora che gli stress tests hanno evidenziato che, trovati 75 miliardi da parte di dieci delle diciannove entità esaminate da Fed e Tesoro, si potrebbe anche pensare a ripartire, quasi facendo come se nulla di irreparabile fosse accaduto a partire dal 9 agosto del 2007.

Ma Obama è troppo bravo per commettere un errore comunicativo del genere e, quindi, dagli con la storia della fase difficile, delle tante cose che devono ancora accadere, delle nuove regole da imporre, della concertazione internazionale da trovare e, trovatala, aumentare, insomma il solito refrain ripetuto quasi fosse un mantra salvifico dai leaders politici di tutto il mondo, ministri economici, regolatori e autorità monetarie ovviamente al seguito, quel vuoto torricelliano di idee di cui parlo pressoché ininterrottamente da poco meno di seicento puntate, un vuoto che è molto pieno per quanti non vogliono in alcun modo che le cose cambino davvero!

Ma non sarei giusto nei confronti del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America, se non citassi un passaggio davvero importante dell’intervista, quello nel quale ricorda che la metà del mercato finanziario statunitense non esiste proprio più, quella rappresentata dal trasferimento del rischio caratteristico dell’attività bancaria ad altri soggetti, il che, in altre parole, vuole semplicemente dire che non riescono più a essere piazzati i titoli della finanza strutturata frutto delle sempre più sofisticate invenzioni degli apprendisti stregoni delle fabbriche prodotto di Investment Banks e CIB, titoli un tempo agevolmente trasferiti agli investitori istituzionali e ai risparmiatori/investitori.

Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente sul sito dei dell’associazione FLIP, all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog.