domenica 14 giugno 2009

Come sarà il mercato finanziario europeo dopo la tempesta perfetta (quinta parte)


Le questioni affrontate nella puntata di ieri del Diario della crisi finanziaria apprestano una delle caratteristiche distintive della tempesta perfetta nell’ambito dell’area europea, un rischio ulteriore e difficilmente quantificabile che fa il paio con la lentezza con la quale le maggiori banche europee, i bracci armati finanziari delle compagnie di assicurazione e gli investitori istituzionali basati nell’area hanno compreso le vere ragioni che spingevano la potente e ancor più preveggente Goldman Sachs e il colosso creditizio extracomunitario UBS, You & Us, a vendere tutto il vendibile delle rispettive montagne di titoli della finanza più o meno strutturata in loro possesso, una maxi svendita iniziata nel mese di settembre del 2006 e terminata soltanto tra febbraio e marzo dell’anno successivo, quando l’ex (?) investment banker Hank Paulson ha sentito la necessità, dopo otto mesi di permanenza sulla poltrona più alta del dicastero del Tesoro a stelle e strisce, di lanciare un warning alle banche statunitensi e a quelle più o meno globali sul rischio crescente di una crisi finanziaria, un evento che si materializzò platealmente il 9 agosto dello stesso anno con quel blocco totale della liquidità interbancaria che segnò l’avvio della tempesta perfetta.

Un altro elemento differenziale attiene maggiormente alle technicalities operative proprie delle attività di Corporate & Investment Banking nella fase di massimo sviluppo delle medesime attività, un aspetto che intendo trattare in questa sede solo di sfuggita, ma che ha molto a che fare con i sistemi di controllo interno, di risk management e di attendibilità dei sistemi informativi, tutte attività che vengono svolte da una figura quale quella del Chief Operating Officer, spesso solo nominalisticamente mutuata dalle maggiori banche europee, in particolar modo da quelle italiane, una sottovalutazione della centralità del ruolo di questa figura accompagnata da una scarsa attenzione al fatto che, a esempio, in un’entità come Goldman Sachs di COO ne esistono ben due e percepivano, proprio nel cruciale 2007, 70 milioni di dollari di compensation complessiva, una cifra di poco inferiore a quella percepita dal Chairman e Chief Executive Officer, Larry Blankfein, e e ampiamente superiore a quella percepita nello stesso anno dal Chief Financial Officer e vero salvatore di Goldman, David Viniar, un aspetto che forse dirà poco agli addetti ai lavori, ma che non sfugge a chi sa che in pochi ambiti di attività la retribuzione è una proxy attendibile dell’importanza e della delicatezza del ruolo svolto come nell’investment banking!

Se è vero che le banche europee, e segnatamente quelle italiane, presentano una base di raccolta da clientela che le rende relativamente meno vulnerabili ai sommovimenti sui mercati interbancari, non vi è dubbio che la struttura dell’asset & liabilities si è, negli ultimi anni precedenti allo scoppio della tempesta perfetta, profondamente modificata e non certo sul piano di una maggiore stabilità, per non parlare poi del profilo di rischio, che come ricorda sempre il Governatore della Banca d’Italia sono di vari tipi, non escluso e certamente non ultimo per importanza, quello che prende il nome di rischio reputazionale, una tipologia di rischio che è strettamente correlato alla cruciale questione della fiducia dei risparmiatori e degli investitori, quella stessa fiducia che è forse l’elemento maggiormente assente in questa fase e che è all’origine del più persistente e ostinato sciopero degli investimenti mai intervenuto almeno a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale!

Una parte delle differenze esposte di sopra tra il mercato finanziario statunitense e quello europeo sono, in realtà, alla base delle analisi che vedono la concreta possibilità che, quando la tempesta perfetta deciderà finalmente di placarsi, il cumulo di macerie e l’entità assoluta delle perdite potrebbero essere di dimensioni più rilevanti nel Vecchio Continente di quanto lo saranno negli stessi Stati Uniti d’America che, pure, di questa crisi portano il maggior carico di responsabilità.