martedì 30 giugno 2009

Giulio Tremonti è stato costretto a ricoprire di velluto il pugno di ferro nei confronti delle banche italiane!


Fa davvero bene Massimo Giannini, direttore di Affari & Finanza e vice direttore del quotidiano La Repubblica che edita l’inserto finanziario settimanale, a enfatizzare nel suo editoriale di ieri la voce dal sen fuggita del per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, che ha confessato di chiedersi, parafrasando la celeberrima frase di Bertolt Brecht, “se è un crimine maggiore fondare o rapinare una banca”, anche se il giovane e bravo giornalista non ci sta proprio a vedere l’accostamento un po’ brutale implicito nelle parole di Giulio, parole che autorizzerebbero chiunque a vedere “Alessandro Profumo come Renato Vallanzasca, Corrado Passera come Francis Turatelo. Altro che manager professionali. Piuttosto, rapinatori abituali”!

Che qualcosa vi sia di eccessivo nel giudizio che, notoriamente, Tremonti ha dei banchieri italiani e di quello stesso Governatore della Banca d’Italia, che ha, almeno agli occhi del Ministro, la colpa di godere di una inequivocabile stima internazionale, non sfugge neanche al suo alquanto ammaccato Premier, che ha dovuto riconoscere, nella conferenza stampa illustrativa dei provvedimenti assunti nell’ultimo Consiglio dei Ministri, di fare un po’ di fatica ad addolcire i propositi alquanto vendicativi di Giulio nei confronti di quei banchieri di prima fila, rei, ai suoi occhi, non solo di lesinare i finanziamenti alla piccola e media impresa, ma anche di tifare ancor oggi per l’alquanto disfatto centro-sinistra, o di gradire, in subordine, l’eventuale investitura di Mario Draghi e capo di un governo di salute pubblica.

La prima bozza del decreto legge fortemente voluto da Tremonti risentiva fortemente dello spirito vendicatore del ministro dell’Economia e avrebbe comportato per le banche italiane un danno difficilmente quantificabile, ma certamente nell’ordine delle decine di miliardi di euro annui, via abolizione tout court delle clausole sostitutive dell’abrogata commissione di massimo scoperto, riduzione drastica dei giorni di valuta su bonifici, assegni di conto corrente e assegni circolari, la previsione di una penale a carico delle banche lente nella surrogazione di un mutuo pari all’uno per cento per ogni mese o frazione di ritardo rispetto ai tempi stabiliti come normali dallo stesso decreto, nonché l’imposizione di una tassa del 6 per cento sulle plusvalenze legate al trading dell’oro, insomma, un vero e proprio salasso per i conti economici delle banche nostrane già orfane dell’un tempo consistente flusso di ricavi derivanti dal collocamento dei titoli più o meno tossici della finanza strutturata!

E’ per questi motivi che il gotha bancario italiano ha tirato un vero e proprio sospiro di sollievo dopo che le orecchie più disponibili del premier e di numerosi membri dell’Esecutivo alle pressioni dell’Associazione Bancaria Italiana e di numerosi banchieri intervenuti riservatamente in prima persona hanno colto il grido di dolore e sono riusciti, sia pure con grande fatica, a mitigare significativamente la nemesi di Giulio, prevedendo un tetto dello 0,50 per cento alle commissioni sostitutive della commissione di massimo scoperto e trasferendo la stessa misura, nonché le altre, ai tempi della trasformazione delle norme del disegno di legge prontamente varato, evitando così l’immediata operatività delle stesse intrinsecamente connessa allo strumento del decreto legge precedentemente previsto.

Va, tuttavia, detto che, anche nella sua versione edulcorata e rinviata di due mesi, le nuove previsioni rappresenteranno un a significativa riduzione dei ricavi bancari, solo in parte compensata da quel grazioso cadeaux, come lo ha definito Berlusconi, che prevede un innalzamento dallo 0,30 allo 0,50 per cento delle cosiddette sofferenze che potranno essere portate in detrazione fiscale.
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La condanna a 150 anni di carcere inflitta al finanziere Madoff è stata condita dal giudice dalla definizione dello schema di Ponzi da decine di miliardi di dollari come di una truffa diabolica, una definizione che non deve essere giudicata eccessiva, alla luce del fatto che ha contribuito a far evaporare quel residuo di fiducia dei risparmiatori e investitori nella trasparenza e l'eticità dei comportamenti nel mercato finanziario statunitense sopravvissuto dopo quanto è stato evidenziato dagli alti marosi della tempesta perfetta in corso da poco meno di ventitrè mesi!