mercoledì 26 agosto 2009

Obama conferma Bernspan alla guida della Fed!


Nutrendo un sincero disprezzo per i pettegolezzi e le dietrologie, non ho voluto dare alcun conto dell’opinione di quanti hanno visto nelle recenti dichiarazioni ottimistiche di Bernspan sulla tempesta perfetta un tentativo neanche troppo mascherato di porre una seria ipoteca sulla sino a ieri alquanto dubbia sua riconferma al vertice del sistema della riserva federale, un incarico che non fa strettamente parte dello spoil system a stelle e strisce, ma per il quale la nuova amministrazione non aveva fatto mistero di avere più di un dubbio, ma tutto è oramai superato perché è giunta la notizia della decisione di Obama di confermare Bernspan nel suo incarico.

Che la campagna per la nomina si fosse realmente aperta lo testimoniano le bordate medianiche che hanno cercato in ogni modo di far abortire la candidatura alternativa più probabile, quella del capo dei consiglieri economici di Obama e già responsabile del dicastero del Tesoro ai tempi di Clinton, Larry Summers, un uomo che, assieme a Robert Rubin, porta una grande responsabilità nello smantellamento pressoché definitivo del sistema di regole approvate negli anni Trenta allo scopo di rimuovere le cause che avevano condotto al crollo del 1929 e alla successiva Grande Depressione, regole sicuramente datate e perfettibili, ma il cui brutale smantellamento ha favorito certamente il gonfiarsi senza precedenti delle bolle speculative che sono poi scoppiate a partire dalla seconda metà del 2007.

Ha avuto quindi ragione il professore di Princeton a forzare i tempi, anche perché era perfettamente consapevole del fatto che la nuova amministrazione tutto poteva permettersi meno che un’incertezza di oltre quattro mesi sull’identità di chi sarà, prima o poi chiamato, a tirare il freno a mano, smantellando nel contempo quel ruolo di supplenza del sistema bancario cui il sistema della riserva federale è stato costretto, per non parlare poi della fine dell’epoca della liquidità abbondantissima e a tasso zero.

Come ho avuto modo di dire in una precedente puntata del Diario della crisi finanziaria, il numero uno pro tempore della Federal Reserve ha rivendicato con forza il ruolo eccezionale svolto dall’istituzione da lui presieduta nel contrastare con tutti i mezzi l’avvitamento su se stesso del mercato finanziario statunitense, e di concerto con i suoi colleghi stranieri, che lo stesso avvenisse a livello globale, così come non ha fatto mistero dei non certo trascurabili rischi che minano lo scenario alquanto roseo da lui disegnato.

Eppure, nel Dream Team obamiano vi è una persona che aveva certamente tutti i requisiti per venire nominato presidente del sistema della riserva federale, ruolo che aveva peraltro già ricoperto in passato, meritandosi il rispetto, forse anche il timore, degli uomini allora al vertice delle principali entità operanti nel mercato finanziario globale, un mercato che era allora molto diverso dall’attuale, anche se già iniziavano le spinte per giungere a quelle innovazioni che lo avrebbero radicalmente trasformato..

Quel rispetto, non certo amore o condivisione, Paul Volker dimostrò appieno di meritarli in occasione dello scontro che indusse il presidente repubblicano dell’epoca a non riconfermarlo e a preferirgli Alan Greenspan, l’uomo formatosi a Wall Street e che ha svolto un ruolo talmente attivo nella deregulation da mantenere il prestigioso incarico per diciannove anni, un record assoluto che fa il paio con quello di essere stato nominato e successivamente confermato da ben quattro presidenti!