martedì 23 novembre 2010

L'Irlanda chiede aiuto ai parenti serpenti!


I lettori di più lunga data del Diario della crisi finanziaria ricorderanno bene le sceneggiate via carta stampata e via apparizioni televisive dei Chairman e dei Ceo di banche statunitensi che giuravano e spergiuravano sulla solidità della propria banca o azienda sotto attacco da parte degli speculatori nel bel mezzo della tempesta perfetta.

I casi che passeranno alla storia riguardano Lehman Brothers, Countrywide, Bear Stearns, Wachovia Bank (per quest’ultima si è appena chiusa, con una transazione da 100 milioni di dollari la contesa tra Citigroup e Wells Fargo, la banca che l’aveva spuntata sborsando sei volte quanto aveva offerto l’avara Citi), ma è un elenco che occuperebbe un’intera puntata, cosa non opportuna visto che il copione è lo stesso, così le frasi pronunciate con più o meno enfasi da quei disperati protagonisti finiti sommersi sotto gli alti marosi della tempesta perfetta e i cui nomi sono destinati all’oblio.

Devo dire, alla luce dell’esperienzza della Grecia prima e dell’Irlanda poi, che gli statisti non sono da meno dei banchieri, giurando e rigiurando, infatti, che mai il loro paese chiederà aiuti e finanziamenti per poi presentarsi ad un consesso in teleconferenza a mendicare quattrini con il cappello in mano.

Come c’era da aspettarsi, dopo l’euforia iniziale dei mercati per l’annuncio del salvataggio prossimo venturo dell’Irlanda è emerso subito, come giustamente nota Andrea Bonanni su La Repubblica, che è venuto meno l’intento originario degli ideatori del fondo di salvataggio da 700 miliardi e che era proprio quello di prevedere che il fondo non sarebbe stato mai utilizzato in quanto gli speculatori sapevano bene che dietro ai Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, anche se molti dicono che quella i potrebbe stare anche per Italia) c’erano gli altri paesi dell’area dell’euro e, alla bisogna, anche la Gran Bretagna e altri paesi membri dell’Unione ma non appartenenti al club dell’euro.

Questo significa che, invece di placarsi, la speculazione internazionale sposterà la sua attenzione ai paesi giudicati più pencolanti e potrebbe non accontentarsi del Portogallo e della Spagna, ma puntare all’Italia, il paese con il rapporto debito pubblico prodotto interno lordo più elevato anche di quello che caratterizza la Grecia.

Mi scuso per la lunga premessa, ma era doveroso rinfrescarci tutti la memoria sui comportamenti degli uomini posti al vertice di banche e istituzioni, ma nel caso irlandese c’è qualcosa di ancor più indecoroso, in quanto per quel poco che si sa del salvataggio ancora tutto da definire, quello che è certo è che i sacrifici riguarderanno i cittadini di quel paese mentre le banche continueranno ad essere sostenute a piè di lista e le imprese continueranno ad essere soggette ad un imposizione del 12,5 per cento che non ha pari in Europa!

Non conosco le vicende politiche di quel paese, ma credo proprio che i cittadini non potranno rinnovare, nel più o meno prossimo appuntamento elettorale, la loro fiducia a un esecutivo che propone la più iniqua delle manovre in quanto le uniche cifre che sono trapelate sui tagli offerti ai negoziatori europei e agli inviati del Fondo Monetario Internazionale sono quelli al welfare.