martedì 4 dicembre 2012

Dove va il sistema bancario italiano?


In numerose puntate del diario della crisi finanziaria, ho affrontato il tema di come sarebbe uscito il sistema bancario italiano dalla tempesta perfetta, cercando di confutare la tesi ricorrente che la scarsa esposizione ai prodotti tossici della finanza strutturata rendeva le banche italiane più resistenti dei competitor stranieri agli alti marosi della più devastante crisi finanziaria dal secondo dopoguerra.

Basterebbe guardare la capitalizzazione di borsa dei primi cinque grandi gruppi per capire quanto infondata fosse quella tesi e per capire come quotazioni orgogliosamente espresse in termini di una certa quantità di euro siano ora cifrate, in un caso, in pochissime decine di centesimi, mentre in altri si fa una fatica tremenda a tenersi abbarbicati alla soglia di un euro.

Il bello è che nessuno sa come sia possibile uscire da questa situazione, anche perché la crisi morde e crescono le sofferenze, mentre l'unica cosa che non manca sono piani industriali a raffica conditi di tagli dei costi, in primis quelli del personale.

La situazione più critica è sempre quella del Monte dei Paschi di Siena, con la Fondazione ancora saldamente proprietaria che ha aperto le porte del capitale della banca a investitori volenterosi, ma che sa che, in un futuro non lontano, dovrà rassegnarsi a passare la mano.