martedì 14 giugno 2016

Draghi e Brexit mettono ko le banche italiane


C'è stata una seduta di borsa nel corso della scorsa settimana nella quale sembrava che un raggio di sole avesse colpito le banche italiane quotate, ma poi è venuta la terribile seduta di venerdì 10 con una vera e propria alluvione di ordini di vendita che in certi momenti avevano difficoltà a trovare controparti, il tutto tra un profluvio di sospensioni per eccesso di ribasso che hanno colpito, in particolare, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, i titoli del Gruppo Unipol, mentre molto malconcie risultavano anche le due candidate alle nozze, Banco Popolare e Banca Popolare di Milano, ma è stata una seduta nella quale è difficile individuare qualche segno positivo. Scenario replicatosi poi nella seduta di ieri che ha visto le perdite per alcune banche toccare il 10 per cento.

Cosa è accaduto per determinare uno sconquasso di queste proporzioni? In primo luogo le dichiarazioni di Super Mario, al secolo Mario Draghi, in particolare quell'invito rivolto alle banche dell'area euro, ma tutti sapevano bene che il riferimento era a quelle italiane che sono caratterizzate da un livello dei Non Performing Loans sul totale degli impieghi vivi multiplo di quello delle banche degli altri paesi europei, l'invito dicevo a non perdere tempo nel prendere di petto il problema, un invito che fa il paio con l'attivismo forsennato delle due donne alla guida della vigilanza bancaria europea presso la BCE che tanti dolori stanno provocando ai vertici delle banche italiane e a quelli di quei gruppi assicurativi, come Unipol, che hanno in pancia  una banca dai conti che è quasi un eufemismo definire disastrati.

Il problema è che la consapevolezza tra i vertici bancari del nostro Paese sulla necessità di affrontare questo problema è pressoché corale, in particolare tra quanti hanno già ricevuto corrispondenza da Madame Nouy e dalla sua stretta collaboratrice tedesca, ma il problema rimane quello sui tempi, anche se c'è un grandissimo gruppo come Unicredit dal quale è trapelato che la scelta del numero uno non dovrebbe avvenire prima di fine luglio e non è certo un caso se ieri il suo titolo ha subito l'onta di segnare nuovi minimi storici con una flessione di oltre il 6 per cento.

La seconda ragione dell'ecatombe di venerdì scoro è data dalla diffusione di un sondaggio del quotidiano inglese The Independent che dava i sostenitori dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea avanti di dieci punti su quanti vogliono rimanere e a poco è servito che la media dei sondaggi dà i sostenitori del remain ancora avanti seppur di poco a quelli del leave.

Una persona che di valute se ne intende, come il miliardario George Soros, l'uomo che divenne ricco nel 1992 scommettendo contro la sterlina inglese e la lira italiana, sostiene che finché la sterlina sarà forte difficilmente l'esito del referendum sarà quello di un'uscita dall'Unione europea, ma il problema è che venerdì  e ieri la valuta britannica ha iniziato vistosamente a perdere colpi!  

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