martedì 12 luglio 2016

Perché Deutsche Bank propone un piano da 150 miliardi per le banche?


Tra gli addetti ai lavori, non è un mistero che il vero problema del sistema bancario europeo non è rappresentato dai Non Performing Loans che, per l'intera area dell'euro sono pari a circa 700 miliardi di euro, 360 dei quali concentrati nelle banche italiane, ma che la vera bomba ad orologeria risiede nella montagna di derivati per molte decine di migliaia di miliardi di valore nozionale, una parte dei quali fanno capo al colosso tedesco Deutsche Bank che, per ragioni che non sono state mai chiarite a sufficienza, rappresentano un multiplo del totale dell'attivo della banca tedesca e a sua volta pari a mille e settecento miliardi, una sproporzione tale da escludere che si tratti soltanto di operazioni di hedging, ma lascia pensare piuttosto ad un'intensissima attività di trading con un numero elevatissimo di controparti, per non parlare poi dei 32 miliardi di titoli a livello 3, comunemente definiti titoli tossici e che segnalano una crescita costante segno del fatto che non riescono proprio ad essere smaltiti.

Ma Deutsche Bank in questo non è sola, in quanto quasi tutte le banche globali del Continente, per quelle britanniche sarebbe necessario un discorso a parte, presentano situazioni analoghe anche se i loro multipli rispetto al totale dei rispettivi attivi non raggiungono il livello stratosferico toccato dalla banca con sede a Francoforte, una circostanza che tuttavia fa interrogare sul fatto che nello stabilire i criteri prudenziali sia stato assegnato un peso maggiore ai crediti, che nella maggior parte dei casi sono assistiti da garanzie reali e personali, e uno molto più basso ai derivati.

In questi mesi, le autorità governative tedesche si sono sgolate nel ripetere il solito mantra che recita che Deutsche è solida come una roccia e in questo si è distinto in particolare l'arcigno ministro delle finanze tedesco, Schauble, ma, nonostante quanto detto sopra sulla sottostima dei rischi da parte della vigilanza europea, Daniele Nouy ha richiesto a Unicredit e Deutsche di elevare i loro coefficienti patrimoniali da poco sopra il 10 per cento all'alquanto proibitivo 12,25 per cento, quasi due punti che significano uno sforzo considerevole per entrambe le banche in termini di aumento di capitale o cessione di attività, ma soprattutto un'implicita ammissione del fatto che il mantra sulla solidità del colosso tedesco era alquanto infondato.

Ma ecco che, in vista di una riunione decisiva dei ministri delle finanze dell'Unione Europea, Deutsche avanza a sorpresa la proposta di istituire un fondo di 150 miliardi di euro in favore delle banche in difficoltà, una proposta che è in apparente contrasto con la posizione ufficiale del governo tedesco che per ora ammette solo le difficoltà della più piccola delle Landesbanken, quella basata a Brema e che richiede interventi per poche centinaia di milioni di euro e che fa pensare che, mai come in questo caso, Deutsche abbia parlato come Cicero pro domo sua!

Nessun commento: