martedì 27 settembre 2016

La CONSOB farebbe bene a vigilare i movimenti su MPS


Faceva davvero impressione l'andamento dell'azione del Monte dei Paschi di Siena che, in un listino che perdeva in quel momento qualcosa più del 2 per cento e dopo aver recuperato a fatica uno nuovo scivolone a livello mediano dell'area dei 18 centesimi di euro, si impennava improvvisamente con una puntata fino a 20,4 centesimi e scambi aggiuntivi che in pochi minuti raggiungevano il livello di 20 milioni, contro una media trimestrale che vede 72 milioni di azioni della banca senese scambiati quotidianamente, una news che ha allertato in tempi molto brevi i giornalisti della Reuters che già alle 11 fanno un lancio di agenzia, mentre i loro colleghi di Trend Online collegano l'impennata sempre all'operare di quelle che in gergo si chiamano mani forti e collega questi movimenti all'attivismo di J.P. Morgan Chase, della Cassa depositi e Prestiti, importante partecipata dello Stato italiano e ad alcuni viaggi che il nuovo amministratore delegato di MPS, Marco Morelli, ha compiuto all'estero e tutti volti al convincimento di fondi governativi, si parla molto di quelli del Qatar, di fondi pensione, fondi di investimento, di hedge funds e di entità molto addentro all'attività di recupero crediti e chi più ne ha ne metta, affinché decidano di mettere mano al portafoglio per un aumento di capitale che non si sa più di quale entità sarà, in assenza di un piano industriale del gruppo creditizio senese, ma, e forse soprattutto quando non si sa se la maxi cartolarizzazione dei crediti in sofferenza sarà fatta tutta in una volta e con come controparte il Fondo Atlante o se sarà spalmata su più tranche ed eventualmente con controparti diverse.

Nei giorni scorsi, per la precisione il 22 settembre, ho pubblicato la puntata Monte dei Paschi e dintorni, nella quale segnalavo il fatto che, indipendentemente dall'andamento dell'indice principale del quale la banca senese, almeno per ora, fa parte, ogni volta che l'azione tendeva a portarsi al di sotto dei 18 centesimi scattava una sorta di carica del Settimo Cavalleggeri che interveniva per salvare la carovana della banca di Rocca Salimbeni, riuscendo per ora nell'intento di non far sprofondare l'azione verso livelli che potevano rappresentare un punto di non ritorno, cosa che è ovviamente molto pericolosa in un momento in cui MPS è letteralmente in mezzo ad un guado dal quale può uscire solo se ritorna un clima di fiducia tra gli investitori italiani e, ancor più tra quelli internazionali, mentre chiudevo la puntata che si era aperta con la frase a torto o a ragione attribuita allo scomparso Giulio Andreotti e che recita che a pensar male si fa peccato ma non si sbaglia, invitando la CONSOB a dedicare la dovuta attenzione ai movimenti alquanto erratici in Borsa dell'azione della banca senese.

L'organismo deputato a sorvegliare quanto accade nei listini azionari italiani non ha mai brillato per attività di prevenzione e per il tempestivo contrasto dei movimenti speculativi e non credo proprio che in questo caso farà un'eccezione, ma io non posso fare altro che utilizzare il mio blog per invitare i commissari a vigilare su quanto sta accadendo, anche perché eventuali multe tardive oltre a fare poco più del solletico agli speculatori di rango non possono certo rimettere nella bottiglia  il latte versato.

Sulle sorti del Monte dei Paschi si sta combattendo uno scontro al calore bianco tra quanti, da un lato, come il Governo italiano e il suo braccio armato nel settore del credito rappresentato dalla CdP, l'AD della banca Marco Morelli, le due banche che si occupano dell'aumento di capitale, J.P. Morgan Chase e Mediobanca, e, dall'altro, alcune grandi banche globali che stanno fiutando, e non da oggi, l'affare, con i primi, ovviamente favoriti in partenza, che puntano a raccogliere adesioni, se frazionate ancora meglio, all'aumento di capitale (da tre o cinque miliardi si vedrà), mentre le seconde aspirerebbero a fare un sol boccone del gruppo creditizio senese, ma solo a fronte di un fortissimo dimagrimento dello stesso sia in termini di personale che di sportelli, ma e forse soprattutto vogliono essere sicure che per la solidità patrimoniale del gruppo post fusione basti alla Vigilanza BCE la loro parola!

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Con una reazione a scoppio ritardato, i mercati hanno deciso di puntare il colosso creditizio tedesco dai piedi davvero d'argilla, Deutsche Bank, per l'ennesima multa da 14 miliardi di dollari collezionata negli Stati Uniti d'America, perdendo ieri in una sola seduta il 7,5 per cento e portandosi al nuovo minimo storico di 10,54 euro (ne quotava 30 meno di un anno fa) che corrispondono ad una capitalizzazione inferiore ai 15 miliardi di euro e giunta al livello pressoché pari alla multa appena citata, mentre, ovviamente, sia il Governo che il CEO straniero della banca hanno smentito la possibilità di fare ricorso ad aiuti di Stato.

Ho dedicato numerose puntate ai guai della banca basata a Francoforte e credo che la multa, che come altre comminate a Goldman Sachs e a numerose altre banche globali con sede negli USA verrà ridotta in maniera significativa anche se mai meno di 5-7 miliardi dollari, sia più un problema di reputazione (già un bel po' compromessa nel caso della maggiore banca tedesca) ma che non sia che una goccia nel mare magnum di derivati e titoli tossici che la banca ha accumulato nell'ultimo decennio, una montagna tale che un giudice federale statunitense sta decidendo se intimare a Deutsche di nominare una personalità indipendente, semmai uno di quegli esperti che hanno aiutato le Investment Banks a districarsi tra le diavolerie inventate nei primi anni 2000 dagli apprendisti stregoni delle divisioni di Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali

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