lunedì 31 ottobre 2016

Ora anche la Gran Bretagna non si fida più di Deutsche Bank!


Devo dire francamente che resto ammirato, ma anche con un sovrappiù di inquietudine per la resistenza di Deutsche Bank rispetto ad una gragnuola di colpi, alcuni in grado di mandare KO qualsiasi altra istituzione finanziaria che non sia questa banca basata a Francoforte a pochissima distanza dal grattacielo che ospita la Banca Centrale Europea, dove, non distanti da Mario Draghi sia in senso geografico che empatico,  operano le donne e gli uomini alle dipendenze di Madame Nouy, capo della vigilanza europea presso la BCE.

Pur essendo vero che la resistenza estrema di Deutsche a decine di filoni di indagine, multe o sanzioni di ogni ordine e dimensione per decine di miliardi di euro, processi conclusi e altri (vedi per tutti il coinvolgimento massiccio della banca globale tedesca dai piedi di argilla nella falsificazione, via derivati farlocchi che si sono poi rivelati veri e propri impieghi non dichiarati con una differenza di impatto sui ratio patrimoniali che oramai è alla portata di qualsivoglia lettore di questo blog) ancora in corso, per non parlare del "negoziato" con il Dipartimento di Giustizia per la ridefinizione della multa da 14 miliardi di dollari, è basata su fatti molto profondi nelle società e nell'economia del paese teutonico.

Ebbene questa estrema capacità di resistenza è legata al fatto che tutti sanno che Angela Merkel e Wolfgang Schauble, rispettivamente Cancelliera e Ministro delle Finanze, non lascerebbero fallire né Deutsche Bank, né Commerzbank, ma la garanzia dell'ombrello governativo, ovviamente non formalizzato ma esistente da sempre nei fatti, è di fatto estesa a tutte le landesbanken e le sparkassen, elementi fondamentali per il sistema di consenso dei due (sono tre con la CSU) partiti che ora coabitano nella Grosse Koalition e che proprio per questo sono ancora più pericolosi, anche perché non credo che né la Linke, né gli alquanto ininfluenti Verdi oserebbero muovere obiezioni al salvataggio del risparmio dei tedeschi, quel risparmio che, insieme ad un terrore atavico nei confronti dell'inflazione, è alla base del patto costitutivo fondante della Germania sorta dalle ceneri del secondo conflitto mondiale e della estrema centralizzazione dell'economia nazista.

Questa resistenza si è parzialmente incrinata dopo un uno-due che avrebbe messo al tappeto qualsivoglia altra banca globale e che era rappresentato dal combinato disposto della già citata multa miliardaria imposta a Deutsche dal Governo degli Stati Uniti d'America e dal ricorso sempre di autorità del Governo statunitense a un giudice federale chiamato a decidere se intimare alla banca tedesca di nominare una personalità competente, ma soprattutto "indipendente", chiamata a dire una parola definitiva sulla montagna di derivati e titoli più o meno tossici custoditi nella pancia di quelle due divisioni di Corporate and Investment Banking di cui si è dotata, dai tempi della scellerata gestione assolutistica di Josip Ackermann, l'uomo che ha le maggiori responsabilità nella deriva più che decennale di Deutsche e al quale, solo nelle settimane scorse il nuovo CEO John Cryan ha deciso di togliere bonus dei quali godeva ad oltre quattro anni dalla sua repentina uscita dalla banca, qualcosa che assomiglia in verità più ad una fuga precipitosa per approdare alla compagnia di assicurazioni Zurich, dalla quale fu cacciato meno di un anno dopo!

Ma non era finita qui, perché, dopo una più che irrituale notizia filtrata dal Dipartimento di Giustizia USA che parlava di un fortissimo ridimensionamento della multa da 14 a poco più di 5 miliardi di dollari (evento che poi nelle settimane successive non è stato confermato) e che è servita ad allontanare l'azione di Deutsche dall'ignominia dei 9,90 euro, è sopraggiunta la decisione pressoché contemporanea di dieci Hedge Funds che hanno ritirato miliardi e miliardi di dollari, riducendo al contempo l'esposizione nei confronti della banca di Francoforte, il tutto quando si mormora di un'azione discreta della Federal Reserve per conoscere dalle principali istituzioni finanziarie il livello della esposizione nei confronti della sempre più malmessa banca tedesca che, lo ricordo per quanti si siano sintonizzati solo ora con Il Diario della crisi finanziaria, viene orami definita un rischio sistemico sia da Christine Lagarde, numero uno del Fondo Monetario Internazionale che da Mario Draghi, per nostra fortuna e per quella di tutti gli altri paesi della Eurozona, ancora presidente della BCE.

Mentre credo che, con molta discrezione, le principali banche operanti nella Eurozona sono sollecitate dalle banche centrali nazionali di competenza a fornire informazioni più o meno dettagliate sulla loro esposizione nei confronti di Deutsche, è ufficiale che le Autorità Monetarie britanniche hanno chiesto alle banche operanti nel Regno Unito di fornire informazioni dettagliate sull'esposizione di quella Deutsche che ha presentato a sorpresa conti in utile nel terzo trimestre di questo anno di disgrazia 2016 per qualche centinaio di milioni e lo ha fatto solo perché il baratro miliardario della banca è stato più che compensato dall'utile di 2,6 miliardi di euro di una delle sue due CIB!

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E' uscita nel week end la seconda puntata de "L'amara lezione della Tempesta Perfetta", una serie che d'ora in poi uscirà di sabato e resterà in testa al blog anche la domenica. Ringrazio i lettori per l'accoglienza della prima uscita, ricordando che in queste puntate fornirò delucidazioni sull'armamentario teorico che sono alla base dell'attività di contro informazione del Diario della crisi finanziaria, una serie di strumenti che rendono maggiormente comprensibili alcuni passaggi di questo sforzo, del tutto pro bono, che va avanti dal settembre del 2007.


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