martedì 15 novembre 2016

Ora Marco Morelli (MPS) imbraccia il bazooka!


Chi segue con attenzione e apprensione l'andamento in borsa del titolo del Monte dei Paschi di Siena, avrà notato che ieri stava vivacchiando in una giornata soporifera seppure in rialzo del 2 per cento circa, quando, attorno alle 16 ed a un'ora e mezza dalla conclusione delle contrattazioni, il valore dell'azione strappa verso l'alto attorno ai 28 centesimi per azione (il minimo lo ricordo era stata qualche settimana fa a 16 centesimi) sulla base di una voce informata delle mosse del giovane Chief Executive Officer di MPS, Marco Morelli, un ex tutto ma, in particolare, noto per essere stato nella potentissima banca J.P. Morgan Chase e principale advisor e arranger dell'aumento di capitale della banca senese, avrebbe deciso di rompere gli indugi e impiparsene delle preoccupazioni del Governo italiano, lanciando un'Offerta pubblica di acquisto, carta contro carta si intende, sui cinque miliardi di euro circa di obbligazioni subordinate emesse negli anni scorsi dalla banca di Rocca Salimbeni, obbligazioni parametrate al Tier1 e al Tier2 e nelle disponibilità di investitori istituzionali per tre miliardi e dello sfortunato e alquanto sventurato popolo dei risparmiatori e dei piccoli investitori per i residui due miliardi.

Ma Morelli va ben oltre e non ha scrupoli ad usare "l'arma fine di mondo", in quanto avvertirebbe coloro che sta sollecitando a scambiare dei titoli di credito, le obbligazioni appunto, con titoli di rischio, le azioni del molto malmesso istituto di credito senese, in quanto, secondo quanto riportava un anonimo ma informatissimo articolo dell'edizione on line del quotidiano La Repubblica, dalla roccaforte assediata nella cittadina toscana si fa sapere che, in assenza di una soddisfacente risposta all'appello da parte degli obbligazionisti, MPS non potrà che chiedere l'attivazione delle procedura di risoluzione da parte della Vigilanza della Banca Centrale Europea e gli obbligazionisti di ogni ordine e grado si troverebbero in mano il classico pugno di mosche al pari degli azionisti e dei depositanti per la quota del loro conto eccedente i 100 mila euro, il tutto entro il limite dell'otto per cento del totale dell'attivo!

Come i lettori del Diario della crisi finanziaria ben ricorderanno, in più di una puntata di questo blog avevo parlato dei forti contrasti intercorsi tra il predecessore di Morelli, Fabrizio Viola, e i massimi vertici di J.P. Morgan, fino ad interessare il numero Jamie Dimon, costretto ad una missione a Roma in piena estate per avere contatti al massimo livello con il Governo, contatti da cui scaturiscono le pressioni indecenti che spingono Viola a dare le dimissioni.

Ebbene le materie ci contrasto tra il banchiere romano e le banche a capo del consorzio di garanzia e collocamento sono esattamente tre, almeno quelle principali, e riguardano: 1) il legame tra le commissioni percepite da queste banche e gli effettivi collocamenti; 2) la partecipazione degli attuali azionisti, mediante i diritti, all'aumento di capitale; 3) l'esclusione delle obbligazioni subordinate in mano ai privati dalla conversione più o meno obbligatoria in azioni.

Delle tre materie di contrasto, il Governo sembra interessato solo alla terza, anche perché sono ancora presenti i gravi problemi di immagine legati all'azzeramento di questa tipologia di creditori avvenuta in relazione ai crack delle quattro banche medio piccole avvenuto nel novembre del 2015 a due mesi dall'entrata in vigore di quel bail in che ora Morelli sventola sotto gli occhi di obbligazionisti istituzionali e privati.

Come si vede, uno degli obiettivi è stato raggiunto, ma credo che l'ex dipendente di Dimon porterà a casa anche gli altri due, anche se ritengo che, se porta a casa appieno l'obbiettivo della conversione dei bond in azioni, li ha praticamente conseguiti tutti e tre!

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