giovedì 29 dicembre 2016

Perché la Vigilanza BCE stavolta potrebbe aver ragione su MPS!


Vedo fare elenchi di banche beneficiarie del fondo da 20 miliardi di euro costituito con l'apposito decreto legge di qualche giorno fa, decreto le cui linee guida sono state approvate a larga maggioranza da entrambi i rami del Parlamento e che va a debito, cioè non incide sul deficit, un elenco che comprende le due tecnicamente fallite banche venete (Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca) salvate a suo tempo dal Fondo Atlante che ha staccato un assegno da 2,5 miliardi complessivamente e ora è chiamato ad un esborso di un altro miliardo per la fusione nella Banca delle Venezie.

Vi è poi la Banca Carige, una ex cassa di risparmio letteralmente devastata dalla gestione Berneschi ed ora saldamente nelle mani dei fratelli Malacalza che temono si concretizzi la richiesta di un nuovo aumento di capitale fino a due miliardi di euro che metterebbe in discussione la loro posizione di azionisti di riferimento e che vede i vertici della banca pensare seriamente di fare le barricate fino a contestare giuridicamente la validità della posizione della Trimurti (un nome che ricorda tanto la famigerata Troika di ellenica memoria).

C'è poi un elenco di banche più piccole sulle quali non vorrei soffermarmi, perché secondo me manca il bersaglio grosso: Unicredit Group sul quale mi sono speso nella puntata di ieri del Diario della crisi finanziaria, ma sul quale ieri ho evitato di dire che la strategia sottile della Trimurti di Francoforte è quella di indurla a smantellare sostanzialmente l'impero che ha costruito in una ventina di paesi, ma che, in alcuni di questi, segnatamente la Germania la vede in una posizione di comprimaria nel mercato creditizio locale.

Vengo ora alla decisione rappresentata dalla lettera al Ministero dell'Economia italiano giunta nel giorno di Santo Stefano, decisione che avrebbe visto contrari sia Angeloni che Panetta, membri rispettivamente del gruppo di vertice, la Trimurti appunto, il primo e in rappresentanza di Banca d'Italia il secondo, una contrapposizione che non ha precedenti e che potrebbe vedere l'intera partita demandata al Consiglio Direttivo della BCE presieduto da Mario Draghi.

Ma cosa dice la lettera inviata direttamente a Piercarlo Padoan che poi l'ha girata al CdA della banca, afferma sostanzialmente che i fabbisogni di capitale indicati a novembre, i famosi cinque miliardi di euro non valgono nel caso di intervento con fondi pubblici, mentre ne servono 8,8 di miliardi e questo sia in relazione allo stato fallimentare risultante dall'ultimo stress test che vedeva, in caso di scenario avverso, un Tier 1 negativo del 2,2 per cento (ma questo a novembre già ben lo si sapeva), sia ai paletti indicati alle quattro banche greche che avevano fatto ricorso agli aiuti pubblici, una lettera che, tuttavia, non faceva menzione dell'esclusione degli obbligazionisti subordinati retail dalla procedura di bail in (in effetti li vede prima coinvolti e poi salvati con la conversione al 100 per cento della carta straccia in loro possesso con obbligazioni senior), così come non viene messa in discussione l'esclusione dei depositanti over 100 mila euro dalla mania prevista dalle norme entro l'otto per cento del totale dell'attivo della banca.

Salvo ripensamenti in peius dell'ultima ora, quello proposto dalla Vigilanza BCE sembra un compromesso ragionevole tra una drastica applicazione delle regole e gli obiettivi politici del Governo italiano, interessato sostanzialmente ad evitare un bagno di sangue tra depositanti affluent, quelli over 100 mila nei loro depositi, e  i 42 mila piccoli risparmiatori in possesso delle obbligazioni subordinate, un salvataggio generalizzato che poteva essere sostituito dal ristorno nei casi accertati di frode da parte della banca al momento della sottoscrizione delle stesse obbligazioni subordinate!

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