martedì 17 gennaio 2017

Un mondo sempre meno globale?


Fu sotto un presidente outsider degli Stati Uniti d'America, Ronald Reagan, che si gettarono le basi della globalizzazione e della deregolamentazione finanziaria, poi perfezionate da Bill Clinton con provvedimenti che passeranno alla storia ma che, in realtà, permisero alle banche di costruire i castelli di carta dei titoli più o meno tossici e ai capitali di spostarsi dove era più profittevole e conveniente, spesso con annesse produzioni al seguito e colpi sempre più duri all'aristocrazia operaia statunitense e dell'Unione europea miglioramento delle condizioni della classe operaia dell'Est Europa e di numerosi paesi asiatici, Cina e India in primis.

Oggi a Davos si apre il Forum economico mondiale che vede non del tutto a caso per la prima volta la partecipazione del presidente della Repubblica Popolare Cinese, un paese che ha beneficiato in questi decenni di investimenti diretti dall'estero enormi che ha prodotto un incremento esponenziale dell'occupazione a salari non confrontabili con quelli vigenti negli USA, in Canada, in Australia e nella parte affluente dell'Unione europea, aree che hanno visto una quasi speculare perdita di posti di lavoro ben retribuiti e ad alto tasso di sindacalizzazione e che non a caso minaccia di tuonare contro le minacce alla globalizzazione e alla delocalizzazione di cui tanto ha beneficiato il suo immenso ma ancora fragile paese.

Quello che è successo con la Tempesta Perfetta, regnanti negli USA prima Bush Jr e poi Barack Obama è stato il più grosso switch tra occupazione buona e a redditi medio alti e occupazione cattiva a redditi medio bassi, in prevalenza bassi, e con il timore diffuso di altre delocalizzazione in tutti i settori, automotive in testa, che avrebbero portato ad altre perdite di lavori buoni in cambio, se tutto va bene di posti cattivi.

Insomma, al di là delle chiacchiere, è questo che ha consentito a Donald J. Trump di battere la super favorita Hillary Rodham Clinton anche negli stati operai come Ohio, Michigan e altri, in quanto le sue parole sulla delocalizzazione, i dazi ed altro sono suonate come musica alle orecchie di dipendenti di un'industria sempre più attratta dalle arene messicane, dell'Estremo Oriente o di altre zone del pianeta e queste sono le basi del "populismo" statunitense ma anche di quello di tante zone dell'Europa, un'Europa che vede, in Francia, Germania, Olanda e Austria tanti elettori della sinistra anche estrema passare sotto le bandiere di Marine Le Pen o di di Allianz fur Deutschland o di altre formazioni similari

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